giovedì 14 febbraio 2013

Verità storica e manipolazione delle fonti: le origini di Falerna

Le origini di Falerna:
il primo atto è del 1616
Di recente, si è scritto di storia locale con molta disinvoltura, alterando la verità storica. Prima la fantasiosa scoperta del "porto di Temesa" nel territorio di Falerna (Quotidiano della Calabria, 30/10/2011); poi l'ipotesi che Falerna si chiamasse Sant'Angelo; infine un atto del 1606, relativo a Feroleto, utilizzato per dire che la chiesa del Rosario e la stessa Falerna sono bizantine e risalgono all'VIII secolo. Inesattezze colossali: Falerna risulta dagli atti a partire dal 1616 e la chiesa Madonna dal Settecento. Una cosa mi sfugge e vi giro la domanda: a chi giova tutto questo? A chi giova la manipolazione storica?

(dalla Gazzetta del Sud del 29/01/2013)
FALERNA - Nell'archivio segreto del Vaticano riportati alcuni riferimenti sulle origini del paese. Il nome del sito citato per la prima volta nel 1616 nell'incartamento relativo ad un concorso religioso (di Giovambattista Romano)
«La ricerca sulle origini del comune tirrenico sta conoscendo negli ultimi tempi un'accelerazione inaspettata... Si registra una nuova tappa della ricerca storica di Cario, che riguarda un documento fondamentale sulle origini di Falerna.
"Grazie all'ausilio dell'Archivio segreto vaticano, ho potuto consultare il breve del 1606 che, fino a giorni fa, era ritenuto il più antico riferimento su Falerna -comunica il giovane appassionato di storia - uno studio approfondito del documento, affiancato dalle autorevoli osservazioni del prefetto dell'Archivio Vaticano, monsignor Pagano, mi ha permesso di scoprire e rivelare che l'atto in realtà non concerne Falerna, bensì Feroleto. Ciò determina decisivi cambiamenti nel modo di vedere e intendere le origini di Falerna. In quell'atto, infatti, si parlava di parrocchia e ciò ha dato spunto, in qualche caso, alla retrodatazione della nascita del casale (seicentesca), oggi capoluogo comunale". In sostanza, secondo Cario, nel riportare il breve del 1606 nel "Regesto per la Calabria", attribuito alla «Parochialis ecclesia Sanctae Mariae, loci Falernae», Francesco Russo sarebbe "incorso in errori di trascrizione e interpretazione".
L'atto in questione "si riferisce - sostiene Cario - alla chiesa parrocchiale di Santa Maria terrae Faleuri, Neocastrensis dioecesis, retta da quattro sacerdoti porzionari. Non si tratta, quindi, di Falerna ch'era nella diocesi di Tropea e nella quale non è mai esistita una parrocchia di Santa Maria. Tra l'altro, fino a tutto il Settecento (persino nel Catasto onciario del 1752), la denominazione Falerna era accompagnata dall'appellativo di casale e non di terra. L'assonanza suggerirebbe, invece, la parrocchia di Santa Maria Maggiore di Feroleto, già attestata nei registri parrocchiali del 1602, da sempre nella diocesi di Nicastro. Inoltre, nel 1595 Feroleto contava ben 388 fuochi, ossia nuclei familiari, e ciò giustificava una chiesa porzionaria (suddivisa tra più parroci), la cui rendita di 24 ducati appariva congrua con il numero degli abitanti. Se a tutto ciò si aggiunge che uno dei religiosi in questione si chiamava Ambrogio Caracciolo, il cui cognome è strettamente correlato con la famiglia dei duchi di Feroleto, il quadro sembra definito".
Se tale tesi corrisponde alla realtà dell'epoca, "il nome di Falerna - prosegue il giovane appassionato di storia locale - è citato, quindi, per la prima volta, nel 1616, nell'incartamento per il concorso pretale, custodito presso l'archivio diocesano di Tropea. Nel documento don Fabrizio Ventura, rettore parrocchiale della chiesa di San Tommaso del casale di Falerna, pertinenza della terra di Castiglione, dichiara di rinunciare al proprio beneficio ecclesiastico per trasferirsi a Gizzeria. Quest'atto testimonia l'origine subalterna di Falerna rispetto all'antico Castel Leone, di cui era casale: un agglomerato elementare di abitazioni rurali sul territorio dell'università (l'odierno comune, ndc), sorto per metterne a coltura i terreni". Poi quel casale, questo il pensiero di Cario, acquisì gradualmente l'autonomia.

martedì 8 gennaio 2013

"Sant'Angelo non era l'antico nome di Falerna" di G.B Romano (Gazzetta del Sud, 31/12/2012)

"Sant'Angelo non era l'antico nome di Falerna"
"La tesi sostenuta da Mario Folino Gallo sulle origini di Falerna capoluogo nell'opera "Monografia di Falerna e Castiglione Marittimo" ha dato fuoco alle polveri di un dibattito fra appassionati di storia locale.
Nel suo volume lo storico locale Folino Gallo in sostanza asserisce che un documento notarile e atti vaticani del XVI secolo inducano a ipotizzare che anteriormente al 1626 (data di acquisita autonomia da Castiglione Marittimo, del quale in precedenza era un casale) l'abitato di Falerna si chiamasse Sant'Angelo. Nome che poi sarebbe stato cambiato dai D'Aquino, in una fase di riorganizzazione dei loro feudi.
«Nulla di più falso sotto il profilo storico: non vi sono, infatti, fonti primarie né secondarie che lo attestino», afferma Armido Cario, altro cultore di storia locale. Per il quale «l'equivoco fu alimentato dall'errata interpretazione di un atto notarile, in cui l'ufficiale parla di due lati del castello, uno verso Santa Maria, l'altro verso Sant'Angelo: due semplici luoghi, strade».
Per Cario «di questo Sant'Angelo non si trovano riscontri in fonti religiose, atti fiscali o amministrativi dell'epoca, oltre che anteriori e posteriori». E ribadisce: «La teoria che Falerna sia esistita prima del Seicento e che si chiamasse Sant'Angelo, in apparenza suggestiva, si è rivelata bugiarda. L'ipotesi di Sant'Angelo», spiega lo storico locale, «è stata costruita intorno a un atto notarile del 24 aprile 1585, stipulato per conto di Cesare d'Aquino, conte di Martirano. Oggetto dell'atto è il conferimento di alcuni lavori di muratura e di manufatti nel castello di "detto Signor Conte". Nel documento si fa riferimento a Castiglione per il trasporto delle pietre e per il luogo di stipula. Si citano alcune "carcare". Si richiamano territori sotto l'influenza di Martirano come San Mazzeo e Motta Santa Lucia, in cui il "mastro" aveva diritto di far legname.
E proprio dal notaio di Motta, Sallustio Perri, fu redatto lo strumento originario, in cui i lavori venivano commissionati a Martino Ortale. Nell'atto in questione, invece, tali opere vengono affidate a Giovanni Gallo di Paterno, residente a Castiglione. Nel rogito, prosegue Cario, si parla di lati del castello che guardano a Santa Maria e a Sant'Angelo: due semplici riferimenti territoriali, luoghi, vie, ma non certamente villaggi o paesi.
Stella polare degli storici sono le fonti documentali: dai Registri della Cancelleria Angioina fino ai rogiti notarili del XVI secolo non v'è traccia di Falerna né di toponimi ad essa riconducibili. Neppure nella Platea generale della diocesi di Tropea del 1494 e nella relazione ad limina del vescovo Calvi del 1596. Barrio, nel 1571 autore della prima storia della Calabria, e Marafioti nelle Croniche del 1596 confermano l'inesistenza di Falerna.
Falerna, accompagnata dall'attributo di "casale" (agglomerato di case rurali) fino a tutto il XVIII secolo, è attestata, per la prima volta, osserva Cario, in un atto religioso della prima metà del Seicento, che ne rivela la nascita e la ridotta consistenza. Il presunto Sant'Angelo falernese non risulta in atti di natura religiosa, amministrativa e fiscale né anteriori né successivi al 1585. Nessun riferimento al toponimo nemmeno nei Catasti onciari, interamente acquistati con contributo del comune di Falerna e disponibili on line.
Esiste, invece, una località denominata Sant'Angelo in territorio di Scigliano, censita nei Registri angioini del 1276, che è collocata nella valle prospiciente al castello martiranese, dove sorge il ponte romano di Annibale. Ne esiste un'altra nel comune di Gerocarne, con un'antica storia di autonomia. Ingannevole, conclude Cario, è l'accostamento del Sant'Angelo in questione con la terra di Sant'Angelo, luogo religioso storicamente esistito nei pressi di Tropea, oggi in territorio di Drapia.
Cario afferma: «Folino Gallo, nella sua monografia attribuisce a Falerna proprio i brevi vaticani, relativi a Sant'Angelo di Tropea. Peccato che si trovi a 90 km da Falerna!». Insomma si tratterebbe di un abbaglio che, sottolinea Cario, «potrebbe produrre un danno culturale soprattutto in chi non ha gli opportuni strumenti critici per valutare, a meno che non intervenga una decisa smentita»."

(tratto da La Gazzetta del Sud - ediz. di Catanzaro del 31 dicembre 2012, pag. 33)

giovedì 8 dicembre 2011

"Oltre il tempo. Lampi di storia falernese" di Armido Cario


"Oltre il tempo" è il mio nuovo libro, tutto dedicato a Falerna, alla sua storia, al suo territorio ed alla sua gente.

Perché uno studio su Falerna? Le ragioni sono molteplici, ma cercherò di sintetizzarle. Lo spunto mi è stato offerto dal bicentenario dell'unione comunale tra Castiglione e Falerna, che arricchisce di contenuti e riflessioni il 150° dell'Unità d'Italia. Tuttavia, i motivi che mi hanno spinto all'impresa sono più profondi: restituire ai falernesi pagine di memoria collettiva, sottraendole all'oblio ed alla corruzione di sedicenti storici. L'obiettivo principale è divulgare una conoscenza autentica, libera da opinioni e preconcetti, che stimoli la riflessione ed il pensiero critico. L'obiettivo è, innanzitutto, antropologico: ogni aggregazione umana, ogni comunità ha bisogno di un principio di identità, di un "noi" nel quale riconoscersi.
Ciò vale anche per Falerna, realtà una e trina, territorio multiforme e vario, un angolo di pianeta impastato di acqua e di terra, disteso tra mare, collina e montagna. Anche la storia dei suoi centri abitati è eterogenea: Castiglione è di ascendenza normanna; Falerna è di origine seicentesca e deve la sua fondazione ai D'Aquino; Falerna Marina, l'ultimogenita, è sbocciata e fiorita nell'ultimo scorcio del Novecento.
Il tema della triplicità ricorre e si riflette anche sulla struttura del libro. La prima parte è dedicata alla storia sociale ed amministrativa del comune di Falerna dal 1811 ad oggi, con una particolare attenzione alle tappe dello sviluppo ed allo stile di vita della popolazione. Nella seconda parte ("Istruzione e riscatto sociale in Calabria ed a Falerna"), il 150° dell'Unità è analizzato dal punto di vista dell'istruzione e della crescita culturale poiché, da esse, discende lo sviluppo delle coscienze e dei territori. Infine, nella terza ed ultima parte, prevalgono gli aspetti antropologici e della religiosità popolare, attraverso racconti e descrizioni dei culti e delle tradizioni (Natale, Pasqua, San Tommaso e la Madonna del Rosario); in questa cornice, si colloca una pagina di storia dimenticata, ambientata nel 1905, anno del terribile sisma che atterrò Castiglione.
Al di là di questo, acquistando e leggendo "Oltre il tempo" potrete conoscere una pagina di letteratura popolare falernese sconosciuta ai più. Sfogliare per credere! Buona lettura e... grazie della stima!
Armido (Miro) Cario

P.S. Per essere informati sui contenuti e sulle iniziative di presentazione, che organizzerò in collaborazione con il Comune e con l'Istituto comprensivo di Falerna, potete iscrivervi alla pagina Facebook www.facebook.com/armidocario e cliccare sul tasto "Mi piace".



mercoledì 9 marzo 2011

La Costituzione siamo Noi: manifestazione a difesa della costituzione del 12 Marzo

Aderiamo alla manifestazione di sabato 12 marzo a Roma a difesa della Costituzione. Pubblichiamo, quindi, con piacere lo spot con le testimonianze di Claudio Bisio, Paola Cortellesi, Monica Guerritore, Maria Luisa Busi, Shukri Said, Jun Ichikawa, Francesco Castellani.

martedì 18 gennaio 2011

"I diritti dei lavoratori e dei politici" di Beppe Del Colle


In due giorni della scorsa settimana l’Italia ha offerto a sé stessa la doppia immagine che la caratterizza in questi anni di crisi. Da una parte, una politica stretta intorno alla presenza di una sola persona, fino a un devastante conflitto fra le istituzioni; dall’altra, una società alle prese con modi relativamente nuovi di concepire le relazioni industriali, in cui il lavoro rischia di perdere il rilievo fondante datogli dall’articolo 1 della Costituzione, davanti alla dimensione globalizzata dell’operare umano, così differenziato di continente in continente, e di Paese in Paese.

Alla prima immagine si riferiscono la sentenza della Corte costituzionale a proposito della legge sul legittimo impedimento per le più alte cariche dello Stato a presentarsi ai processi penali in cui sono imputate: una sentenza che ha dimezzato le possibilità offerte da quella legge, riaffidando ai giudici il compito di vagliare se un impedimento proposto dalla difesa sia o no giustificato, nel rispetto dell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla giustizia; e, il giorno dopo, la richiesta della Procura di Milano di un giudizio immediato contro Berlusconi per due ipotesi di reato: atti sessuali con una minorenne in cambio di denaro o di altra utilità economica, e concussione nei confronti di funzionari di Polizia impegnati, il 27 maggio 2010, a identificare la predetta minorenne denunciata per furto da una conoscente.

Non abbiamo la minima intenzione di esprimere previsioni a proposito di questo giudizio immediato, chiesto perentoriamente da una Procura (che in un documento ufficiale si dice in possesso di prove sufficienti per far saltare tutta la fase di giudizio preliminare) e contro cui la difesa del premier sta preparando una prevedibile strategia di rinvii. Resta il fatto che nella vicenda della minorenne Ruby, marocchina che si tentò di far passare per nipote del presidente egiziano, risalta la personalità di un politico che, forse, ha sbagliato secolo, immaginandosi simile ai signori rinascimentali ai quali tutto era permesso, grazie all’assenza di un’opinione pubblica informata e all’acquiescenza delle gerarchie circostanti.

Per quanto riguarda la seconda immagine dell’Italia di oggi, il referendum di Mirafiori ha detto quello che doveva dire: un sì misurato al contratto firmato dai sindacati, esclusa la Fiom, che limita alcuni diritti di operai e impiegati su orari, turni, straordinari, assenze per malattia, rappresentanze sindacali, in cambio di un progetto-promessa di futuri vantaggi grazie a una maggiore produttività.

Quel voto è stato un atto di coraggio che non ha tolto dignità alla parte di poco sconfitta e, come ha detto il nuovo arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, «ha posto in risalto che investire sulle persone e sul futuro del nostro territorio offre a tutti gli imprenditori nuove e concrete opportunità». Un augurio (e un impegno per tutti) non da poco.

(tratto da "Famiglia Cristiana", 18/01/2011)

venerdì 10 dicembre 2010

"Roma, poltrone ai fascisti" di Emiliano Fittipaldi


"Ex di Avanguardia Nazionale, esponenti di Terza Posizione, perfino naziskin vicini a Mokbel. Così Alemanno ha piazzato nei posti che contano della Capitale i suoi amici estremisti neri"

"Boia chi molla, gridava a fine anni Ottanta il giovane Gianni Alemanno, al tempo capo del Fronte della Gioventù e fedelissimo di Pino Rauti, leader dell'ala movimentista dell'Msi e futuro suocero.

Vent'anni dopo, nessuno può accusarlo di incoerenza: Gianni, diventato sindaco di Roma, non ha mollato nessuno. Non ha tradito, non ha lasciato per strada i vecchi camerati, nemmeno quelli finiti in galera per banda armata e atti terroristici, neppure i personaggi più discussi della galassia d'estrema destra protagonista degli anni di piombo. Anzi.

Nell'anno di grazia 2010 Roma è sempre più nera, con fascisti ed ex fascisti che spuntano dappertutto. Nei posti cardine dell'amministrazione comunale e nell'entourage ristretto del nuovo Dux, nell'assemblea capitolina e nelle società controllate dal Comune, passando per enti regionali e ministeri.

Vecchie conoscenze sono comparse anche nella parentopoli che ha investito l'Atac, dove lavorano - come ha scritto Ernesto Menicucci sul "Corriere" - l'ex Nar Francesco Bianco (in passato arrestato e processato per rapine e omicidi insieme ai fratelli Fioravanti, fu scarcerato per decorrenza dei termini) e l'ex di Terza posizione Gianluca Ponzio. Ponzio oggi è a capo del Servizio relazioni industriali della municipalizzata del Comune, negli anni Ottanta fu protagonista di arresti plurimi per rapina e possesso d'armi.

La sinistra ha gridato allo scandalo, ma i due sono sono solo la punta dell'iceberg di un gruppo di potere sempre più radicato in città, cementato dagli ideali e dall'antica appartenenza, da interessi (anche economici) e da relazioni amicali e familiari. La lista comprende ex militanti di Terza posizione e dei Nuclei armati rivoluzionari, uomini di Forza nuova, naziskin vicini alla cricca di Gennaro Mokbel, capi storici di Avanguardia nazionale, ultrà e combattenti delle battaglie degli anni Settanta e Ottanta. Battuto a sorpresa Francesco Rutelli, disintegrati i potentati di Forza Italia (già messi a dura prova durante la giunta regionale guidata da Francesco Storace) ora sono nella cabina di controllo e, nella nerissima capitale, comandano loro.

Uomini d'oro
I due personaggi più influenti dell'amministrazione non sono assessori, ma due amici del sindaco: Franco Panzironi e Riccardo Mancini. Del primo, a capo dell'Ama, si sa praticamente tutto. Meno noti, invece, sono i trascorsi dell'uomo che Alemanno ha voluto alla guida di Eur spa, società controllata dal Campidoglio e dal ministero dell'Economia che ha nel suo portafoglio immobili per centinaia di milioni. Mancini, classe 1958, ha finanziato la campagna elettorale del 2006 e ha fatto da tesoriere durante quella del 2008.

È un imprenditore di successo: erede di parte del patrimonio della famiglia Zanzi (energia e riscaldamento), ha comprato nel 2003 la Treerre, società di bonifiche e riciclaggio che fattura oltre 6 milioni di euro l'anno. Anche lui, che ha sempre vissuto all'Eur, è stato vicino ai camerati di Avanguardia nazionale: nel 1988 è stato processato - insieme ai leader del movimento Stefano Delle Chiaie e Adriano Tilgher, che oggi lavora in Regione con Teodoro Buontempo - e la Corte d'Assise lo condannò a un anno e nove mesi per violazione della legge sulle armi. Ora, dopo vent'anni, Alemanno gli ha dato le chiavi di un quartiere che conosce bene, quello del "mitico" bar Fungo, dove un tempo si ritrovavano quelli di Terza posizione, i ragazzi di Massimo Morsello e il gruppo di Giusva Fioravanti.

Una curiosità: un socio in affari di Mancini, Ugo Luini (amministratore della holding del gruppo, la Emis) è pure tra i consiglieri della fondazione del sindaco, Nuova Italia.

Mancini e Panzironi, ovviamente, si conoscono bene. A novembre il capo dell'Eur Spa ha assunto Dario, il figlio di Franco, già portaborse al Comune e ora funzionario con contratto a tempo indeterminato. La scelta ha fatto gridare allo scandalo il centrosinistra, ma sono altre le indiscrezioni che preoccupano Alemanno.

Mancini, l'uomo che dovrebbe gestire la Formula 1, è infatti amico di Massimo Carminati, tra i fondatori dei Nar e leader della sezione dell'Eur, simpatizzante di Avanguardia nazionale e sodale della Banda della Magliana: il personaggio del "Nero" del film "Romanzo Criminale" è ispirato alla sua storia. I due sono spesso insieme, tanto che qualcuno sospettava che l'ex estremista (incriminato per vari delitti efferati ma assolto - quasi sempre - da ogni accusa) fosse stato assunto dalla municipalizzata. «Una sciocchezza» chiosano a "L'espresso" gli uomini del sindaco «Mancini lo vede solo perché si conoscono da anni. Nessun rapporto di lavoro»."

(tratto da L'Espresso, 09 dicembre 2010)

sabato 30 ottobre 2010

Famiglia Cristiana: "Berlusconi è malato e senza autocontrollo"

"La moglie, Veronica Lario, lo aveva già segnalato: uno stato di malattia, qualcosa di incontrollabile. Incredibile che un uomo di simile livello non abbia il necessario autocontrollo".

L’ultima bufera su Berlusconi e la sua corte di ragazze sta provocando ondate di reazioni, una diversa dall’altra. C’è chi, con linguaggio sprezzante, lo esorta a dimettersi. Chi già apertamente lo insulta nelle rubriche tv, con termini da trivio. Chi vede solo l’aspetto etico e chi tenta analisi politiche a freddo, interrogandosi sulle conseguenze. Chi tende a ingigantire e chi tenta di arginare: però nel secondo caso, vedi stampa di destra, con titoloni su tutta la prima pagina. Per una vicenda che si voleva sopire, strana tecnica. E siamo solo all’inizio. Come sa chi ha un minimo di esperienza sul gossip e le sue diramazioni, aspettiamoci il peggio.

Fra tutte queste reazioni ne manca una che faticheremmo a definire, qualcosa che sta fra la tristezza civile e la pietà umana. Non assistiamo soltanto a una tegola sulla testa del Berlusconi politico, primo ministro in carica e aspirante al Quirinale. Né stavolta si può parlare di complotto giudiziario, o tanto meno poliziesco. Semmai, fino a ieri, prevaleva la circospezione. Il fatto è che esistono testimonianze, alcune opinabili ma altre, ahimè, documentate, che creano un duplice ordine di problemi.

Uno, ovviamente, è politico: la credibilità, meglio ancora la dignità, dell’uomo che governa il Paese; i riflessi sulla vita nazionale e sui rapporti con l’estero; l’esempio che dall’alto viene trasmesso ai normali cittadini. I quali non si sognano né trasgressioni né festini, ma da oggi dovranno abituarsi alle variazioni pecorecce sul “bunga bunga”.

L’altro problema, da valutare come se Berlusconi fosse un tizio qualunque, è la condizione che già la moglie, Veronica Lario, aveva pubblicamente segnalato. Uno stato di malattia, qualcosa di incontrollabile anche perchè consentito, anzi incoraggiato, dal potere e da enormi disponibilità di denaro. Si sa che Berlusconi è un generoso, non lesina su aiuti e ricompense. Ma quale tipo di aiuti, e ricompense per che cosa? Incredibile che un uomo di simile livello e responsabilità non disponga del necessario autocrontrollo. E che il suo entourage stia a guardare.

E’ vero che in passato abbiamo avuto personaggi di primo piano che, oggi, non l’avrebbero passata liscia. Altri tempi, però. Altro comportamento di giornali e tv. Altre cautele. O forse allora si taceva o si sminuiva un po’ per prudenza, un po’ per tristezza e un po’, nessuno sghignazzi, per pietà".

Giorgio Vecchiato
da Famiglia Cristiana del 29 ottobre 2010

giovedì 21 ottobre 2010

"Scopelliti e le verità nascoste" di Antonino Monteleone


Un giorno il pentito Vincenzo Curato ha cominciato a parlare coi magistrati rivelando i rapporti, di cui tutti bisbigliavano, tra i fratelli Franco e Mario Straface e uno dei boss della ‘ndrangheta dell’alto ionio cosentino Maurizio Barilari.

Il particolare di non poco conto è che Franco e Mario Straface hanno una bellissima sorella che fa il sindaco di Corigliano Calabro. Qualche migliaio di anime e un ruolo determinante negli equilibri delle cosche della Sibaritide.

I contenuti di quei verbali, anticipati da molti giornali locali e da alcuni siti internet, tra cui “La voce di Fiore”, passarono inosservati. Una cortina di silenzio avvolgeva quelle rivelazioni che risalgono ad oltre 2 anni fa.

Impassibile, Pasqualina Straface, sindaco Pdl, respinse le richieste di dimissioni perché, a suo dire, i fratelli erano una cosa e la sua attività politica erano un’altra. Peraltro all’epoca i due non erano nemmeno indagati.

La sua posizione non è cambiata nemmeno quando i due sono finiti in manette. “Io sono pulita”, ha detto. Poi sono cominciati ad emergere gli appalti truccati, i favori alle aziende di famiglia e i voti ottenuti proprio dalla propaganda dei germani Straface.

Niente lei si è difesa. “Non sono nemmeno indagata”.

Oggi è indagata e nel suo comune sono arrivati i commissari per verificare se (e quanto) il comune ha subito condizionamenti di tipo mafioso. Di fare un passo indietro non se ne parla proprio.

Della storia di Corigliano Calabro e del Sindaco Pasqualina Straface non si parla più sulle pagine delle cronache locali di un quotidiano regionale. E le cose potrebbero presto cambiare.

Così succede anche a Giuseppe Scopelliti.

Una carriera politica fulminante e ricca di successi. A soli 43 anni è governatore della Calabria, la Regione su cui pioveranno milioni di euro di finanziamenti pubblici e disastrada da decenni di mala amministrazione.

E Scopelliti, forte di una condanna della Corte dei Conti (1 milione di euro da rifondere all’erario assieme al dirigente Giuseppe Granata) e di un’altra a 6 mesi di reclusione per omissione di atti d’ufficio nel processo “Longhi-Bovetto”, ha chiesto la fiducia ai calabresi. Che ovviamente con un curriculum così lo hanno preferito a tutti gli altri candidati.

Da dire c’è che in molti a Cosenza e provincia nulla sapevano di questi “dettagli”.

Ma le “brutte notizie” che riguardano Scopelliti non si fermano qui.

I suoi stretti rapporti con l’imprenditore massone, considerato vicino alla cosca Libri di Cannavò, Pasquale Rappoccio. Un incontro a Milano con il boss Paolo Martino. Gli incontri con Nino Fiume e Giovambattista Fracapane (pentiti di ‘ndrangheta) anche loro come Martino organici alla cosca De Stefano di Reggio Calabria. E il banchetto per l’anniversario di matrimonio dei genitori dei fratelli Barbieri (uno dei quali, Mimmo, è finito in carcere nell’ambito dell’inchiesta “Meta”; mentre l’altro, imprenditore edìle, ha realizzato opere pubbliche anche per il Comune di Reggio Calabria) a cui prese parte l’attuale ricercato Cosimo Alvaro.

Finché ne parlano le cronache locali a Scopelliti non fa piacere, ma ci passa sopra.

Va detto che non risulta indagato, ma le informative del Ros dei Carabinieri parlano chiaro. E resistono a querele ed intimidazioni.

Durante la puntata di Annozero di giovedì scorso alla quale ho preso parte dallo studio, Lucio Musolino, collega di “Calabria Ora” che di questo e molto altro si è occupato con i suoi articoli, ha ricordato proprio la circostanza del pranzo organizzato dai fratelli Barbieri al ristorante “La Fenice” di Gallico (RC).

La reazione di Scopelliti?

Annuncio in pompa magna di querela a Musolino. Forte dei comunicati deliranti di Maurizio Gasparri e dei commenti al botulino di Daniela Santanché ospite anche lei in studio.

Siccome ci piace stare dalla parte della verità, ecco cosa hanno scritto i Carabinieri nell’informativa allegata al fascicolo dell’inchiesta Meta. Così chi soffia sulla cacca a suon di querele impara a tacere, visto che non intende farsi da parte.

Buona lettura.

Da pag. 272 dell’informativa.

Oltre a quanto già riferito, in ordine al ruolo avuto dal sindaco SCOPELLITI Giuseppe, circa l’assunzione della moglie di BARBIERI Vincenzo, è stato accertato che, effettivamente, la famiglia BARBIERI era in contatto con il citato Sindaco, tant’è che lo stesso, in data 15 ottobre 2006, partecipava al ricevimento tenuto presso il ristorante “Villa Fenice” di Gallico, per i festeggiamenti relativi al 50° anniversario di matrimonio dei genitori dei fratelli BARBIERI. Per la circostanza, il giorno precedente si susseguivano alcuni contatti telefonici, dai quali si desumeva che erano stati invitati al banchetto l’indagato ALVARO Cosimo91 ed i suoi fratelli ALVARO Giuseppe e ALVARO Antonio, (vedasi conversazioni progr. 742 e 743 del
15.10.2006 registrate sull’utenza *********** in uso ad ALVARO Cosimo e convers. Prog. 2370 registrata il 15.10.2006 sull’utenza in uso a BARBIERI Carmelo) nonché FLESCA Manlio Luigi, all’epoca Consigliere Comunale ed il Sindaco di Reggio Calabria, SCOPELLITI Giuseppe (vedasi conversazione prog. 2158 del 15.10.2006 registrata sull’utenza 337/948646 in uso a BARBIERI Domenico).
BARBIERI D.: pronto!
BARBIERI V.: fratello Mimmo!
BARBIERI D.: oh!
BARBIERI V.: senti!…mi ha telefonato ieri sera alle nove Giovani BATA che viene, ora io sono qua, sto andando a Santa Caterina
BARBIERI D.: eh!
BARBIERI V.: eh! e passo di là dalla sala, tu come l’hai messi…non è che hai messo a Nino CARTELLA …
BARBIERI D.: non lo mettevo a Nino CARTELLA io
BARBIERI V.: perché…a Nino CARTELLA non l’hai messo?
BARBIERI D.: non l’ho messo! ne a lui e ne a Paolo …inc…, li sistemiamo, vediamo chi viene, chi non vieneBARBIERI V.: viene! loro due vengono
BARBIERI D.: a Giovanni BATA l’ho messo con Mico Barbieri mi sembra e con coso
BARBIERI V.: si perché da Matteo …inc…
BARBIERI D.: no, no! a quei de non ho sistemato, perché non so se viene Manlio, non so se viene
coso, onestamente…
BARBIERI V.: viene, viene, Manlio viene ! poi non ti ha detto che viene Manlio con il Sindaco pure
BARBIERI D.: va bene!
BARBIERI V.: io sto andando a Santa Caterina che forse gli manca colla
BARBIERI D.: che cosa ha fatto?
BARBIERI V.: gli manca colla forse, vado e gliela prendo
BARBIERI D.: eh! manca colla! ma oggi stanno lavorando?
BARBIERI V.: si! stanno lavorando!
BARBIERI D.: e dove gliela prendi oggi la colla? Enzo!…portiamoci le bomboniere nella sala…ha le
bomboniere…
BARBIERI V.: va bene! ciao!
BARBIERI D.: ciao!
BARBIERI V.: va bene! ciao!

***

Proprio in quest’ultima conversazione, BARBIERI Vincenzo, conversando con il fratello Domenico, gli confermava che il Consigliere FLESCA Manlio Luigi sarebbe arrivato con il Sindaco SCOPELLITI. Sin dal mattino del 15.10.2006, veniva predisposto un servizio di osservazione in località Pettogallico (RC) nei pressi della Chiesa, in cui si sarebbe celebrata la funzione religiosa, nonché presso il ristorante “Villa Fenice” di Gallico (RC) dove, successivamente, i genitori dei fratelli BARBIERI avrebbero intrattenuto gli invitati. Il servizio permetteva di rilevare, oltre la presenza delle autovetture in uso a questi ultimi, anche quelle in uso a soggetti attenzionati nella presente indagine:

ore 11:20 lungo la strada che da Gallico porta a Calanna, nella frazione di Pettogallico, all’altezza della chiesa vengono notate diverse autovetture parcheggiate, fra cui la:
Fiat MAREA S.W. color blu targata AS425TS in uso a BUDA Pasquale;
MERCEDES C 220 CDI targato CJ630WV intestato a CREAZZO Giuseppe, nato a Scilla il 16.11.1963;

ore 12:45 diverse autovetture indicate nella relazione scendono dalla strada che da Calanna porta a Gallico.

ore 13:30 viene riscontrata la presenza di parecchie autovetture notate prima in località Pettogallico; le suddette sono parcheggiate all’altezza del ristorante “Villa Fenice” sul lungomare di Gallico.

13:55 all’interno del viottolo che porta all’ingresso del ristorante “Villa Fenice”, viene notata la presenza delle seguenti autovetture:
LANCIA K color grigio chiaro targata BN128VV, intestata a QUESTURA di ROMA Ufficio Automezzi via San Vitale nr. 1 Roma, con un lampeggiante sul tetto in dotazione alle forze dell’ordine, autovettura solitamente utilizzata dal sindaco Giuseppe SCOPELLITI.

Porsche Cayenne di color nero targato CW474TP, intestata a Finconsumo Banca SPA res. in via Nizza 262/26 Torino, in uso all’indagato FAVARA Gianluca;
Lancia Lybra targata BT459AE, intestata a Finanziaria M3 SPA residente in via Goito 46 Roma, in uso a MARTORANO Santo Alfonso.

***

L’autovettura Lancia K, intestata alla Questura di Roma, alle ore 14:57 del medesimo giorno, veniva notata dal personale operante, transitare a velocità elevata sul lungomare di Catona, proveniente da Gallico e dirigersi sull’A3 direzione Reggio Calabria.

***

Proprio quel giorno, i militari della Stazione CC di Pellaro in servizio di svolgere Ordine Pubblico alla Stadio “Granillo” di Reggio Calabria, in occasione dell’incontro calcistico Reggina-Roma, notavano alle ore 17,45, salire a bordo dell’autovettura istituzionale LANCIA K color grigio chiaro, targata BN128VV tre persone, tra cui il sindaco SCOPELLITI Giuseppe.

***

Il giorno successivo, ovvero il 16.10.2006, alle ore 09.30, all’interno dell’autovettura Fiat Stilo, targata CC130AS, BUETI Natale97 domandava ad ALVARO Cosimo informazioni su chi fosse presente al ricevimento per l’anniversario di matrimonio dei genitori dei fratelli BARBIERI, nonché sul luogo dove si era svolto. ALVARO Cosimo riferiva che il ricevimento era avvenuto presso il ristorante “La Fenice” di Gallico, asserendo che erano presenti: il sindaco Giuseppe SCOPELLITI, MARTORANO Santo Alfonso, l’assessore VILASI Gesuele e tutti gli esponenti del partito della Margherita e dell’UDEUR.
In relazione, alle figura di VILASI Gesuele, si precisa che BARBIERI Domenico e BUDA Pasquale avevano avuto un incontro con lo stesso, così come evidenziato nelle pagine precedenti. La presenza di esponenti politici, nonché di personaggi appartenenti ad agguerrite associazioni mafiose, non lasciava alcun dubbio sulla centralità di BARBIERI nelle dinamiche criminali e politiche della città di Reggio Calabria.
BUETI Natale: ove siete stati al ristorante o a casa…
ALVARO Cosimo : ..inc…
BUETI Natale: ove?…là…

ALVARO Cosimo: alla Fenice…
ALVARO Cosimo: ..incomp…
BUETI Natale: …e il sindaco era con loro…invitato da lui… da loro o si trovava lì…
ALVARO Cosimo: …no…era li con loro…
BUETI Natale: …è un amico allora si conoscono, Marturano non lo vota però…
ALVARO Cosimo: …ah?…
BUETI Natale: ..però non lo votano…
ALVARO Cosimo: …a chi?…
BUETI Natale: ..Carmelo non lo vota…e con Marturano…
ALVARO Cosimo: …eh?
BUETI Natale: ..Carmelo… c’era pure Marturano…
ALVARO Cosimo: …c’era Marturano, c’era l’assessore VILASI della Provincia…
BUETI Natale: ..tutti Margherita…UDEUR… cosi…
ALVARO Cosimo: ..si…una bella festa compare…
BUETI Natale: …eh…quanti fratelli sono loro…sono tanti…no?…
ALVARO Cosimo: …no…tre fratelli…
BUETI Natale: …quanti fratelli sono?
ALVARO Cosimo: …tre fratelli e una sorella…
BUETI Natale: …a tre sono?…BUETI Natale: …quella là sotto?…

Dei politici tirati in ballo solo Gesuale Vilasi è andato dai magistrati a dire di non aver preso parte a quel pranzo. La sua parola contro quella dei Carabinieri. Ma Scopelliti, nello specifico, intervistato da David Pierluigi per il Fatto Quotidiano ha confermato dicendo che si trovava a pranzo da persone “incensurate”.

Chi vivrà vedrà…

antonino monteleone

sabato 9 ottobre 2010

"Falerna, un documentario sul canale Marco Polo di Sky" di G. B. Romano


FALERNA - Lunedì a mezzogiorno e martedì alle ore 4.30 la cittadina costiera sarà su Sky. Il canale 414 "Marco Polo" della tv satellitare trasmetterà un documentario della serie "Borghi marini" su Falerna. A comunicarlo con tanto entusiasmo Armido Cario, coautore con Armando Orlando del libro "La Calabria del Settecento". Cario è una delle persone intervistate nel corso della realizzazione del programma di Riccardo Marino. Ventitré minuti di trasmissione dedicati a Falerna, ricchi di immagini suggestive e interessanti notizie storiche e antropologiche. Un servizio che offre ai telespettatori aspetti in alcuni casi inediti della cittadina tirrenica. Dal documentario esce fuori una realtà a volte sconosciuta agli stessi falernesi ("Terra di lunghe tradizioni e pescatori"). Una realtà talora migliore di quella che la gente è abituata a vedere. «Un gioiello, che si affaccia nello splendido mare della Calabria, ricco di tradizioni, di costumi popolari e di pesca», toccato dal fenomeno migratorio del Novecento. Il servizio si apre con affascinanti immagini del mare falernese, che gioca un ruolo centrale nella locale economia e con il quale la popolazione ha un rapporto viscerale. Una famiglia di pescatori ne descrive l'importanza per il suo reddito, ma anche le difficoltà a cui il mare sottopone chi sceglie di vivere pescando. Fra l'altro emerge la graduale riduzione della quantità di pesci che si riescono a catturare con le reti. Ne sarebbe causa la cosiddetta pesca a strascico, che rovina i fondali e disturba la deposizione delle uova delle specie ittiche. Di cui il naturalista subacqueo Walter Fratto, un altro degli intervistati del servizio di Sky, evidenzia il rischio d'estinzione insieme con la soluzione adottata per arginare gli effetti deleteri dello strascico.
Per favorire il ripopolamento ittico nei fondali dello specchio di mare antistante alla località falernese di Torre Lupo, a circa novecento metri dalla costa, sono stati creati cinque atolli artificiali con piramidi vuote, i cui numerosi interstizi delle pareti richiamano la presenza dei pesci. Le strutture sommerse si trovano a una profondità tra i diciassette e i quaranta metri. Fratto sottolinea come da qualche decennio l'eccesso di prelievo di pesci dal mare ne abbia mutilato la capacità riproduttiva. Ma Falerna non è solo mare, la cui forza trainante per il territorio è indiscutibile: è anche comunità con la sua storia, le sue tradizioni e i suoi problemi. Proprio per potere affrontare meglio questi ultimi nel 1904 nel borgo storico di Castiglione Marittimo fu costituita la Società operaia di mutuo soccorso "Principessa Jolanda Margherita". Il presidente del sodalizio, Gennaro Grandinetti, nel corso del documentario ne evidenzia l'importante opera svolta a beneficio della piccola comunità. Armido Cario illustra, invece, le fasi storiche falernesi: il primo insediamento nel Paleolitico (lo testimonierebbero tracce rinvenute a Torre Lupo), la fondazione di "Castel Leone" in epoca normanna, la nascita del nucleo abitato dell'attuale Falerna Superiore alle pendici di monte Mancuso nel Seicento.

(tratto da La Gazzetta del Sud del 2 ottobre 2010)

mercoledì 11 agosto 2010

''Berlusconi spieghi come acquistò la villa di Arcore''


Roma, 11 ago. (Adnkronos/Ign) - Ancora alta tensione e accuse reciproche tra finiani e Pdl. Dopo il caso Tulliani e la richiesta di dimissioni del presidente della Camera, Carmelo Briguglio, deputato di Futuro e libertà, chiede oggi al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di ''dire agli italiani come acquistò la villa di Arcore dove viveva insieme all'eroe Vittorio Mangano''.

Il finiano invita il Cavaliere a spiegare ''come riuscì ad assicurarsi per soli 500 milioni di lire questo immobile di 3.500 metri quadri con terreni di circa un milione di metri quadri grazie al ruolo di Cesare Previti prima avvocato della venditrice e subito suo legale e uomo di fiducia''.

''Fini - aggiunge Briguglio - ha dato risposte precise ed esaurienti sulla casa ereditata da An a Montecarlo. Attendiamo ora che altrettanto faccia il presidente del Consiglio. E dica anche - continua - se lui, la sua famiglia, il suo gruppo imprenditoriale fanno ricorso a società offshore con sede in paradisi fiscali e dia tutti i dettagli sugli intrecci fin dall'inizio della sua attività imprenditoriale con finanziarie svizzere. Aspettiamo sue dettagliate ed esaurienti risposte. Al punto in cui siamo - conclude - il primo a dimostrare il massimo della trasparenza deve essere il capo del governo".

Intanto, botta e risposta a distanza tra il coordinatore del Pdl Sandro Bondi e il capogruppo di Fli che in un'intervista ha chiesto le dimissioni di Silvio Berlusconi. ''Chiedere come fa oggi Bocchino da una parte le dimissioni pressoché dell'intero governo e dall'altra parte la convocazione di un vertice con tanto di verifica - sottolinea Bondi -, tradisce l'estremo stato di confusione e di smarrimento in cui si trova il capogruppo di Fli''. ''Ho l'impressione - continua - che a Bocchino sfugga, quantunque faccia sfoggio di baldante sicurezza, la durezza e al tempo stesso la complessità della politica".

Immediata la reazione del capogruppo di Fli che rispedisce al mittente l'accusa e ribatte: ''Sandro Bondi anziché aggredirmi verbalmente dicendo che sono in stato confusionale farebbe bene a dirci se nella scala dei suoi valori deve dimettersi prima un plurimputato come Berlusconi o il presidente Fini a cui la magistratura non ha niente da chiedere neanche come persona informata sui fatti''.

''La differenza tra noi e Bondi - continua Bocchino - è anche nella lealtà perché noi abbiamo sempre difeso Berlusconi dalle aggressioni esterne mentre loro si sono fatti promotori di un'aggressione contro Fini soltanto perché, e uso parole di Feltri, non si è voluto 'mettere a cuccia' nel 'partito contorno'''. ''Che Bondi provi piacere a stare a cuccia facendo il contorno di Berlusconi è comprensibile, così come è comprensibile che Fini con la sua storia e il suo consenso abbia scelto di non starci'', conclude il capogruppo di Futuro e Libertà.

mercoledì 4 agosto 2010

Famiglia Cristiana: "Stato padronale, ministri ridotti a servitori‎"



La questione morale agita il dibattito politico dal lontano 1981, da quando cioè – undici anni prima di Mani pulite – l’allora segretario del Pci, Enrico Berlinguer, ne parlò per primo. La Seconda Repubblica nacque giurando di non intascar tangenti, di rispettare il bene pubblico, di debellare malaffare e criminalità. Bastano tre cifre, invece, per dirci a che punto siamo arrivati. Nel nostro Paese, in un anno, l’evasione fiscale sottrae all’erario 156 miliardi di euro, le mafie fatturano da 120 a 140 miliardi e la corruzione brucia altri 50 miliardi, se non di più.

Il disastro etico è sotto gli occhi di tutti. Quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società. Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il “bene comune” è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza.

Se è vero, come ha detto il presidente del Senato Renato Schifani, che «la legalità è un imperativo categorico per tutti, e in primo luogo per i politici, e nessuno ha l’esclusiva», è altrettanto indubbio che c’è, anche ad alti livelli, un’allergia alla legalità e al rispetto delle norme democratiche che regolano la convivenza civile. Lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni. L’appello alla legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all’illegalità. Ci si accanisce, invece, contro chi invoca più rispetto delle regole e degli interessi generali. Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in “servitori”. Semplici esecutori dei voleri del capo. Quali che siano. Poco importa che il Paese vada allo sfascio. Non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto.

Che ne sarà del Paese, dopo la rottura avvenuta tra Berlusconi e Fini? La scossa sarà salutare solo se si tornerà a fare “vera” politica. Quella, cioè, che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà. Bisogna avere l’umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale. Soprattutto se si aspira alle più alte cariche dello Stato. Giustamente, i vescovi parlano di «emergenza educativa». Preoccupati, tra l’altro, dalla difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni valori, comportamenti e stili di vita eticamente fondati.

Contro l’impotenza morale del Paese, il presidente Napolitano ha invocato i «validi anticorpi» di cui ancora dispone la nostra democrazia e la collettività. Famiglia, scuola e, soprattutto, mondo ecclesiale sono i primi a essere chiamati a dare esempi di coerenza e a combattere il male con più forza. Anche di questo si dibatterà a Reggio Calabria, dal 14 al 17 ottobre, nella 46ª edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani. Dei 900 delegati, 200 sono giovani. Una scelta. Un investimento. Un piccolo segnale di speranza.

(tratto da Famiglia Cristiana del 5 agosto 2010)

domenica 25 luglio 2010

Granata: “Una ciclopica questione morale nel PdL”


Da una parte è evidente ed esibita l’intenzione di contestare alla maggioranza una persecuzione nei confronti della corrente finiana a scapito di impegni più importanti; ma nel pezzo pubblicato in prima pagina sul Secolo di oggi a firma dell’onorevole Fabio Granata – uno dei più agguerriti esponenti di quella corrente – c’è soprattutto un salto di qualità nella contestazione dall’interno del malaffare che condiziona pesantemente le attività del partito. E che segue l’eclatante protesta dei giovani del PdL della settimana scorsa contro la santificazione di Marcello Dell’Utri all’indomani della sua condanna. Scrive oggi Granata:

Gli arresti di Flavio Carboni e compagnia sembrano confermare, con un ulteriore gravissimo tassello, l’esistenza di una ciclopica questione morale che attraversa la politica italiana e il partito nel quale abbiamo fatto confluire la storia antica, nobile e trasparente della destra italiana. Logge coperte, intrighi, collegamenti mafiosi, personaggi che ritornano dalle pagine buie della Repubblica, ci hanno catapultato in uno scenario, un po’ vintage, da Romanzo criminale.

Granata poi ricorda gli attacchi personali nei suoi confronti e di altri suoi colleghi (Bongiorno, Bocchino, Fini) arrivati dall’interno del PdL, sottolineando quello del ministro Bondi. E rimprovera Prestigiacomo, Cicchitto, Frattini – “per non parlare dei vecchi amici – si fa per dire – di An” – di tacere sulla summenzionata “questione morale”: “opache dinamiche molto di confine tra politica, affari e criminalità organizzata”.

Il grande business dell’eolico selvaggio che sta devastando il paesaggio delle nostre isole e del Mezzogiorno, il riciclaggio di denaro di dubbia provenienza, il condizionamento a fini economici delle scelte politiche, il filo rosso di rapporti e ambienti confinanti con le mafie, gli attestati di eroismo a mafiosi conclamati, la presenza di pregiudicati nelle liste o nei Consigli regionali e tante altre poco lusinghiere vicende, il tutto senza che nei vertici del Pdl ci sia mai stata una parola di condanna o di allarme o uno sforzo per imporre regole e comportamenti all’altezza di un progetto politico che dovrebbe governare l’Italia e rilanciare la sua nobile storia…

L’intervento si conclude con l’evidente – tardivo? – allarme di chi è convinto di aver consegnato una storia politica di legalitarismo all’illegalità e all’indulgenza nei suoi confronti.

Queste le gravissime questioni sulle quali ci piacerebbe vedere all’opera il decisionismo del premier Berlusconi. Tra mille critiche e scomuniche siamo stati i soli a chiedere un passo indietro a Cosentino e le dimissioni a Scajola e Brancher, salvo poi vederci dar ragione dallo stesso premier. I soli a opporci all’approvazione di un testo sulle intercettazioni che avrebbe fatto a pezzi strumenti indispensabili di indagine e contrasto a mafie e corruzione, i soli a stigmatizzare i continui tentativi di nuovi condoni edilizi, grandi regali alle mafie delle speculazioni e del cemento, i soli a riaffermare l’esigenza di verità e giustizia sulle stragi del ‘92. Altro che “controcanto”, qui c’è di mezzo la difesa di una vocazione politica antica e nobile. E soprattutto un grande patrimonio di sogni, lotte e speranze che non permetteremo siano infangate o neutralizzate da piccoli uomini al servizio di interessi oscuri.

sabato 17 luglio 2010

Ave, Caesar, morituri te salutant

"L'immoralità è il fondamento del dispotismo"
(Maximilien de Robespierre)

sabato 3 luglio 2010

La casta delle Regioni: in Calabria i consiglieri guadagnano più di Sarkozy

di Mario Ajello

Cari ci costano i consiglieri regionali. Pesa più uno di loro sulle casse pubbliche italiane, che un premier sull’erario della Spagna o della Francia o del Brasile. Un eletto alla Regione Calabria, al netto di alcune indennità, prende di stipendio 11.316 euro al mese: Zapatero si ferma a 7.296, Sarkozy 6.714, Lula non arriva a tremila. E non ci sarebbe niente da tagliare nei regni dei governatori della Penisola, in quelle caste regionali che da decenni sottraggono immense risorse su cui fondano la propria fortuna? Per restare in Calabria, un consigliere regionale guadagna più dei suoi omologhi di Belgio, Germania e Svizzera messi insieme.


Facciamo due facili conti. Nella regione belga delle Fiandre, che ha 2.435.879 abitanti, cioè un milione in più della Calabria, lo stipendio medio di un consigliere è di 5.500 euro. In Germania, nell’area di Amburgo (1.777.373 abitanti) la cifra percepita dall’eletto del popolo è di 2.280 euro. In Svizzera - la patria di quel modello federale che vorremmo introdurre anche quei e se l’importazione fosse ben fatta potrebbe farci risparmiare - i Cantoni hanno poteri assai superiori a quelli delle nostre attuali regioni, e anche dei Lander tedeschi, ma i membri del parlamento federale percepiscono un salario nullo perchè lì la politica non è un mestiere. E allora: lo zero degli svizzeri, più i 5.500 dei belgi più i 2.280 dei tedeschi (anche se in certe zone guadagnano anche di più) fanno in totale 7.780 euro. Molto meno di quelli di un politico di Reggio o di Cosenza o dei consiglieri pugliesi rimborsati ogni dodici mesi con la bella cifretta di 10.433 euro (il presidente Vendola ne intasca 12.716, ogni assessore 11.865) o di quelli lombardi (9.063) o piemontesi (8.963) o veneti (8.004) o campani (10.817). E si tratta di gruzzoletti nei quali - come specifica l’ultima rivelazione realizzata dalla Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni - nei quali non rientrano altre voci variabili, quali l’indennità di presenza o i rimborsi chilometrici.

A una manovra nazionale di 25 miliardi, qualche sacrificio nelle buste paga locali non gioverebbe? Senza parlare in questa sede dei possibili risparmi nel mare magnum e poco limpido della sanità, che secondo alcuni istituti di ricerca come il Cern potrebbero addirittura fruttare undici miliardi (pari a quasi la metà dei risparmi generali voluti da Tremonti), basterebbe notare che negli ultimi dieci anni le Regioni, cioè la loro legislazione e i loro apparati, hanno aumentato il tasso di spesa del 50 per cento rispetto alle performance di tutti gli altri organi e istituzioni dello Stato. Osserva Emilio Fuccillo, nel libro più aggiornato sulla ”sprecopoli” a livello locale, intitolato «La casta delle regioni» (Editori Riuniti): «Per ogni euro in più che lo Stato spende da dieci anni rispetto al suo bilancio, le Regioni ne spendono uno e mezzo rapportato ai propri bilanci. E non è che lo Stato centrale in questo decennio abbia risparmiato».

C’è una grande Regione, la Lombardia, che ha 25 consolati propri (le chiamano «antenne sul mondo») in altrettanti Paesi: da Cuba alla Polonia, dall’Uruguay al Giappone. Per non dire delle 21 ambasciate regionali allestite a Bruxelles e delle centinaia di ”presidi” - con palazzetti in affitto o di proprietà - sparsi nei quattro Continenti che inutilmente si è cercato di abolire anni fa, tramite una proposta di legge di due pionieri sconfitti della lotta a Sprecopoli: i senatori Salvi e Villone.

C’è una mini-regione, il Molise, che spende più delle grandi. L’amministrazione ha ottocento dipendenti: 26 ogni diecimila abitanti, mentre la media nazionale è di 10 ogni 10.000 abitanti. E’ particolarmente elevato anche il tasso di dirigenti in rapporto ai dipendenti (119 dirigenti ogni mille assunti) e nel numero abnorme di consulenti c’è chi - un tale Giuseppe Scassera - arriva a guadagnare 210.716 euro annui. I consiglieri delle società possedute dalla disastrata Regione Lazio incassano ogni anno due milioni di euro. E si tratta solo delle società controllate, che sono 12, cui andrebbero aggiunte le partecipate - direttamente o indirettamente - che sono 50. Il Piemonte ne ha 217, l’Umbria 180 e togliere il grasso alla casta non sarà affatto facile. Anche perchè la resistenza spara i suoi colpi micidiali. In Puglia, per esempio, sono appena stati aumentati gli stipendi dei direttori delle Asl e dei manager. E perfino il partito del presidente Vendola sta facendo fuoco e fiamme contro questa spudoratezza che fa a pugni con l’austerità da crisi. Il governo invece, per volere del ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, ha impugnato la legge molisana della giunta Iorio (che è di centro-destra) che prevede l’aumento di stipendio per i funzionari della Regione.

Si arriva - anzi s’irrompe! - nella comica quando si scopre che i novanta consiglieri siciliani si sono attribuiti 5.000 euro a testa di indennità per le spese dell’ultimo viaggio. Insomma, funerali pagati. In vita, hanno stipendi come quelli dei senatori a Roma: 19.685 euro netti al mese. «Più autista, cellulari di servizio e rimborsi per viaggio mentre ancora respirano. «Alla loro mensa - specifica Fuccillo nel suo libro - un pasto completo costa sette euro e mezzo. Per il logo della Regione, per studiarlo, mica per farlo, sono stati stanziati e spesi 216mila euro». Comunque i novanta non sono egoisti. Ogni anno distribuiscono 240 milioni di euro per pagare i docenti dei corsi di formazione professionale - uno dei grandi buchi neri dello spreco delle regioni - che costano in media 180.000 euro ognuno, sono frequentati mediamente da undici allievi di cui soltanto uno e mezzo in media trova lavoro.

Quando la Finanziaria del 2006 stabilì un taglio del 10 per cento delle indennità regionali, la Campania si rivolse alla Corte Costituzionale che le diede ragione «in nome dell’autonomia». La quale vale per le pensioni. E così, se per i parlamentari la pensione non può mai superare il 60 per cento dell’indennità lorda, in Piemonte si può arrivare all’80 per cento, in Calabria all’84, in Puglia al 90. E se ai parlamentari serve almeno una legislatura piena per avere la pensione, ai loro colleghi di certe regioni la pensione scatta dopo un anno.

Più casta di così non si può. Ma meno si deve. A dispetto d’ogni piagnisteo.

(tratto da "Il Messaggero" del 17 giugno 2010)

venerdì 14 maggio 2010

"Aridateje Loiero: in Calabria puzza di ‘ndrangheta nel voto, una Procura apre gli occhi e Scopelliti piange" di Roberto Galullo, Sole24Ore


Aridateje Loiero. Non perché lo rimpiangano decine di milioni di calabresi, italiani e europei ma perché, come diceva Ennio Flaiano, il meglio è passato. E in politica le riprove sono continue. Soprattutto in Calabria, terra dove la nuova Giunta Scopelliti nasce come un “Governo Chiaravalloti-bis”.

Cinque (forse saranno sei) tra assessori regionali e sottosegretari sono gli stessi che aveva l’indimenticato e indimenticabile ex Governatore pluri-indagato del centro-destra che, come molti ricorderanno, ha impresso una tale svolta socio-economica alla Calabria che dopo è parsa a molti una liberazione la figura di Loiero Agazio (anche lui poi pluri-indagato e attualmente rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta con rito abbreviato Why Not).

Se questa è la buonanotte, potrà avverarsi la mia (facilissima) profezia: il funerale, celebrato a fine marzo 2010 nelle urne, della regione più disastrata d’Italia (e d’Europa). I giovani (Scopelliti li aveva promessi a squarciagola in ogni angolo del globo terracqueo) si riducono alla figura di Giacomo Mancini jr (di cui ancora non si sa cosa farà da grande ma che intanto sarà chiamato a giocare con i numeri del bilancio). Minchia signor tenente!

Per il resto ciofani come Giuseppe “Pino” Gentile (66 anni che logorano gli altri) e il veterinario Francesco Pugliano (55 anni e non sentirli quando vicino si ha un ras come Enzo Sculco), ne sono certo, riusciranno a scaldare le piazze e financo a far scoppiare moti popolari di gioia. Non mi addentro in altri nomi da sottobottega di potere (dove circolano soldi e clientes) perché ho pietà e dignità. Di me stesso.

Giuseppe Scopelliti, homo ridens del circo politico reggino, che aveva promesso di spezzare anche le ali ai passeri nel nome del rinnovamento, ha partorito una Giunta che grida rivolta politica e sociale. Dietro le quinte si agitano le ombre nere della politica sporca tutt’uno con la ‘ndrangheta e la massoneria inquinata, che razzolano voti in ogni modo. Financo quello pulito.

IN PERIFERIA VA PEGGIO

Se Flaiano fosse passato dalle parti di Gizzeria, paese devastato da brutture edilizie alle porte di Lamezia, avrebbe – ne sono certo – illuminato i calabresi e gli italiani con un altro dei suoi aforismi. Indegnamente ci provo io: “il meglio della politica è trapassato”.

Nel senso di morto, defunto, nella dialettica. Qui è stato eletto Pietro Raso con la lista “Gizzeria nel cuore”. Voi direte: echissenefrega! Avete ragione. Però leggete.

Raso da pochi giorni è stato rinviato a giudizio dalla Procura di Lamezia per una vicenda legata all’Hotel Marechiaro di Gizzeria Lido, la struttura turistica che secondo l'accusa è abusiva e che avrebbe ottenuto illegittimamente un finanziamento di alcuni milioni dalla Regione, per l’incentivazione del settore turistico alberghiero.

Insieme a Raso a giudizio anche chi? Due volti noti, accusati di truffa: Giuseppe Chiaravalloti (dalla cui lista di uomini Scopelliti si è abbeverato avidamente) e Pino Gentile, all’epoca assessore regionale al Turismo e che oggi è salito alla destra dell’homo ridens con una prestigiosa nuova carica assessorile: Lavori pubblici. Un inciso: personalmente ho sempre creduto che Gentile fosse, è e sarà il vero Governatore-ombra: nella Giunta Chiaravalloti prima e in questa Giunta simil-Chiaravalloti targata Scopelliti. Il suo potere è enorme anche quando sembra in disgrazia.

Per alcuni reati del procedimento sulla struttura turistica è stato dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione e per altri reati è stata dichiarata l'incompetenza territoriale con la trasmissione degli atti alla procura di Catanzaro. Il giudice della udienza preliminare (Gup) – ci informa la Gazzetta del Sud – “lo ha deciso al termine delle arringhe difensive dell'avvocato Luigi Scaramuzzino, che ha difeso l’ex sindaco di Gizzeria Michele Rosato, il suo ex vice Francesco Argento e appunto l'ex assessore comunale Raso, accusati di associazione per delinquere e truffa. Rosato, Raso e Argento hanno scelto il giudizio abbreviato”. Domani, giovedì 22 aprile, si svolgerà la prima udeinza davanti al Gup.

Francesco Argento è stato nominato vicesindaco nella neo eletta Giunta. Michele Rosato ha fatto carriera: è consigliere provinciale.

Detto per inciso: sono garantista e dunque attenzione. Nessuno di quelli che ho elencato è colpevole di nulla. Saranno i gradi di giudizio a stabilire. Non sono un giudice, mi limito a raccontare fatti. E questi sono fatti.

Altra cosa è ragionare sull’opportunità di candidare, eleggere e far governare persone che hanno vicende giudiziarie in itinere. Su questo ciascuno ha le proprie idee: io sono per l’immacolatezza e la verginità che non prescindano mai dalle aule e dal corso della Giustizia.

L’INSEDIAMENTO E LA SCOMPARSA (APPARENTE) DI PD E PDL

Il 18 aprile il sito www.gizzeriaonline.it ci informa che il: “…nuovo consiglio comunale dell’amministrazione guidata da Pietro Raso inizia con il primo cittadino visibilmente emozionato e con l'apporto di alcuni tra i maggiori esponenti del Pdl calabrese: Mario Magno, neoeletto nel consiglio regionale della Calabria, e dell'onorevole Mario Tassone, esponente di spicco dell'Udc calabrese. Presente alla seduta anche il più votato tra i candidati dell'opposizione nel consiglio regionale nella circoscrizione elettorale provinciale di Catanzaro, Antonio Scalzo del Partito democratico che a Gizzeria ha rinunciato alla competizione elettorale non presentando la lista. Quell'area politica che giusto tre anni fa aveva vinto le elezioni è stata la grande assente al primo consiglio comunale. In sala, erano presenti il coordinatore del Pdl locale Antonello Maruca e il consigliere provinciale Michele Rosato. Il neo sindaco Pietro Raso nel suo intervento di apertura, ha dichiarato che i punti fondamentali della sua amministrazione, che guiderà il comune di Gizzeria dopo nove mesi di commissariamento in seguito alle dimissioni di nove consiglieri dell'ex amministrazione guidata da Sergio

Trapuzzano, saranno legati alla legalità e alla trasparenza amministrativa”.

TRASPARENZA E LEGALITA’

Non vi sarà sfuggito che le nobili e condivisibili parole dell’emozionato Raso fanno riferimento a legalità e trasparenza. Bene, bravo, bis, oltre che pietas per un sindaco che – neppure eletto – è stato oggetto il 26 marzo di un atto intimidatorio: un uovo di Pasqua contenente 250 grammi di esplosivo, ai quali era collegata una miccia, lasciato davanti al portone di casa. Però che bella sorpresa…

Lo stesso giorno – il 26 marzo – l’allora candidato Governatore Scopelliti faceva bella mostra di sé nella centralissima piazza San Pio di Gizzeria, al fianco di Pietro Raso con il deputato del Pdl Pino Galati (altro storico pluri-indagato). Un tour de force più che un tour elettorale.

Parliamo di trasparenza e dialettica politica. La lista “Gizzeria nel cuore”, capeggiata da Raso ha vinto in maniera sorprendente (e con circa il 90% dei voti). L’unica lista concorrente, messa in piedi all’ultimo momento forse solo per legittimare elezioni e voto, era “Popolari per la libertà” che presentava come candidato sindaco chi? Ma lo zio ottantaduenne di Pietro Raso: Antonio Raso! I seguaci dell’arzillo politico hanno beccato una manciata di suffragi che a mettere i votanti in un condominio, metà degli appartamenti sarebbero rimasti sfitti.

E gli altri? Uno spettacolo! Il Pdl per bocca Michele Chirillo, l’esponente di punta del partito locale, dichiarò che avrebbe tanto voluto costituire una lista civica ma fu poi costretto a rinunciare «poiché non si sono riscontrate le condizioni politiche né di opportunità per il paese».

Ma il capolavoro, il vero capolavoro è stato del Pd. Non ha presentato lo straccio di una lista ma il suo segretario locale, Francesco Cortellaro, a pochi giorni dalle elezioni ha dichiarato che “…lo scontro politico vero, si hanno fondati motivi per crederlo, è soltanto rinviato di qualche mese. Nessuno si illuda. Come nelle partite di calcio è finito soltanto il primo tempo.

LA PROCURA RACCOGLIE MATERIALI

Leggete bene in filigrana quella dichiarazione. Io ricavo la sensazione che il Pd locale avesse fiutato un’aria strana. Magari un venticello – se di calunnia o di buona informazione, saranno i prossimi atti e fatti a dirlo – che porta verso la Procura di Lamezia Terme.

Inutile negarlo. Da quando è arrivato a guidarla Salvatore Vitello (a proposito: le nuove demolizioni di manufatti abusivi, una trentina, sono prossime a partire nella città dopo la ricognizione del Genio militare) la musica è cambiata. Le orecchie si sono alzate e gli occhi si sono spalancati. Vitello gli attributi ce li ha e – se lo lasceranno fare – romperà parecchie uova (di Pasqua) nel paniere.

Tutto lascia credere che la Procura stia raccogliendo materiale e informazioni per capire se e quanto la ‘ndrangheta abbia influito sulle dinamiche politiche prima e sul voto poi.

A sparare presto cartucce politiche sarà proprio il Pd che prima nell’inutile Commissione parlamentare antimafia e poi verosimilmente attraverso un’interrogazione parlamentare chiederà conto al ministro dell’Interno Roberto Maroni proprio della regolarità, in ogni fase, delle elezioni a Gizzeria.

Sul tavolo di alcuni parlamentari calabresi sta girando un vecchio rapporto della Commissione parlamentare antimafia nientepopodimenoche del 2006.

LA RELAZIONE CENTARO

Si tratta della cosiddetta “relazione Centaro” approvata il 18 gennaio e spedita alle Camere due giorni dopo.

A pagina 187 di quella relazione si legge che “…per quel che riguardava il territorio lametino, la Dia riportava a fine 2003 la presenza di diversi gruppi criminali (De Fazio, Iannazzo-Giampà, Cerra-Torcasio, Bagalà, Argento, Mauro-Corrado, Dattilo) e di alcune famiglie satelliti (Pontecannizzaro, Gualtieri e Gattini). Nel circondario di Sambiase e Nicastro erano presenti anche le cosche Mercuri-Arcieri e Strangis…”.

In particolare molti attribuiscono una presenza costante e sottotraccia della famiglia Argento (cognome diffuso a Gizzeria), per il suo costante contatto con la famiglia Mancuso di Limbadi, una delle più ricche e sanguinarie cosche di ‘ndrangheta nella provincia di Vibo Valentia.

Nella stessa “relazione Centaro”, tra pagina 91 e pagina 92 si legge che “…Per quanto concerne, infine, l’esercizio della forza intimidatrice nei confronti dei cittadini, si riportano a titolo esemplificativo alcuni passi di intercettazione.

Durante la conversazione delle ore 01.19 del 31/10/2001, intercettata

all’interno dell’autovettura di Domenico Scardamaglia, Domenico Mancuso pianificava con l’interlocutore una serie di estorsioni e premetteva che avrebbero preparato un paio di surfalora”.

Con il termine «surfalora» in dialetto si intende un particolare tipo di fuochi d’artificio: Domenico Mancuso intende quindi riferirsi a ordigni esplosivi per danneggiamenti a strutture edilizie. “Alle ore 16.54 del 5/11/2001 nella medesima autovettura – prosegue la relazione della Commissione parlamentare antimafia – Domenico Scardamaglia e Domenico Mancuso si recavano nella zona dell’Angitola per avere un colloquio con tale Emilio Giordano, presumibilmente camionista,e con tale Franco Argento (*) dell’agenzia. Diego Mancuso, per il tramite di Nicola Bevilacqua, percepiva dall’Agenzia Minieri Trasporti di Falerna somme di denaro per ogni singolo viaggio effettuato da quei camionisti. I due discutevano del metodo da osservare per costringere terzi a rivolgersi alla predetta agenzia ed osservavano che ai parenti di La Pianera stato spiegato «chi c’era dietro» l’agenzia (cioè Diego Mancuso)…”.

Non resta che aspettare. E seguire gli eventi per capire come e quanto resisteranno la Giunta “Chiaravalloti-Scopelliti” e la Giunta Raso-Argento.

E quanto resisteranno decine di amministrazioni calabresi sulle quali le Procure ordinarie e le Procure distrettuali antimafia della Calabria hanno aperto fascicoli.


r.galullo@ilsole24ore.com

(*) In questo articolo mi occupo, tra le molte cose, anche del vice sindaco di Gizzeria, imputato in un procedimento penale. In ragione del suo cognome trascrivo un passo della relazione parlamentare cosiddetta Centaro che segnalava la presenza in loco, tra le altre, dell’omonima famiglia mafiosa e segnalo la diffusione di quel cognome.
Non è mia intenzione approfondire la figura dell’Argento citato nella
relazione (persona a me del tutto sconosciuta) poiché il mio interesse è rivolto a tutt’altro e al vicesindaco, suo quasi omonimo.
Apprendo dal legale dell'interessato che lo stesso, dopo la approvazione della relazione, è stato assolto e riconosciuto innocente da ogni accusa, cosa della quale prendo volentieri atto.