mercoledì 19 marzo 2008

"La Calabria del Settecento secondo Orlando e Cario", di Pasquale Vaccaro

«Un tuffo nel passato della nostra regione e più precisamente nella Calabria del settecento. Ed è proprio “La Calabria del Settecento” il titolo del libro, edito da Calabria Letteraria Editrice Gruppo Rubbettino, che Armando Orlando e Armido Cario hanno presentato nei giorni scorsi nella chiesa madre del centro collinare. Il libro che sarà in edicola dalla fine di settembre, nasce da una serie di articoli pubblicati da Calabria Letteraria, la rivista di cultura e arte fondata da Emilio Frangella nel 1952. Nel testo letterario come ci hanno spiegato gli autori, la ricostruzione degli accadimenti della regione è stata fatta tenendo presente due direttrici. Nella prima si è cercato di guardare alle dinamiche di sistema, nazionali ed internazionali: in poche parole, alla politica estera degli Stati Uniti e delle potenze estere: in questo secolo gli inglesi occupano Gibilterra, gli Asburgo si spingono a Oriente, i Savoia diventano re, la Russia si apre alla civiltà europea, gli schiavi neri si ribellano per la prima volta ai Francesi nell’isola di Hispaniola; mentre nella seconda vi è un angolo visuale dominato dalle variabili indipendenti, dalle cause storiche che determinarono il contesto amministrativo e gli stili di vita dei calabresi del Settecento, con la regione che conobbe un forte incremento demografico e poi la carestia, con l’assalto alla montagna e la trasformazione dei boschi in seminativo, con le piante di gelso che vengono abbattute per lasciare il posto alle piante di ulivo, con gli incendi(le “cesine” di antica memoria) che completano l’assalto ai boschi e contribuiscono a provocare una situazione di dissesto idrogeologico i cui effetti si sentono ancora oggi. Armando Orlando già in passato, nel 1995, traendo spunto sempre da altri articoli di Calabria Letteraria scrisse “La Calabria intorno al Mille”, vincitore del Premio Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Autore di numerose opere di storia e di letteratura locale(Storia di una diversità), oltre che di Breve storia dell’emigrazione calabrese per il sito www.sanmango.org egli ha collaborato inoltre negli anni, con quotidiani e periodici in Italia ed all’estero. Nel suo libro San Mango d’Aquino: la storia(1997), Cario curò le traduzioni in latino. Quest’ultimo, laureato a pieni voti in scienze politiche presso l’Università della Calabria, svolgendo anche attività di ricerca ed è autore di pubblicazioni scientifiche nel campo del diritto comparato ed europeo. Tra i suoi saggi di spicco: La giustizia in Italia dalla proclamazione del Regno ai nostri giorni e La scuola calabrese dall’Unità nazionale al secondo dopoguerra. Vive a Falerna, a cui ha dedicato numerose inchieste di carattere antropologico sociale, religioso, quali Falerna, da casale a comune o il miracolo di San Tommaso. Tornando al libro, Orlando ci spiega che la scelta è ricaduta sul settecento perché: "questo è stato un secolo di mutamenti economici, politici e sociali che hanno interessato tutte le terre, allora conosciute, del nostro pianeta. Non solo illuminismo, con la riaffermazione vigorosa della ragione e delle sue capacità critiche, ma anche rivolta delle colonie americane contro la madrepatria britannica e presa della Bastiglia. Sotto molteplici sfaccettaure – continua il navigato autore- il settecento assume il ruolo di secolo spartiacque, non solo per i progressi tecnologici e per la nascita del modello industriale, quanto per il movimento letterario, filosofico ed ideologico europeo". Quindi, un secolo foriero di novità ed innovazioni che si sono diffuse rapidamente diventando abitudini, basti pensare alle uova di Pasqua di cioccolato, inventate dagli Olandesi, al primo quotidiano uscito in Inghilterra nel 1702, con Milano che fu la prima città italiana ad illuminarsi materialmente con un sistema di lampade ad olio sospese e la denominazione delle strade e la numerazione delle case o l’ora legale nel 1725 etc. Insomma, gli insegnamenti del settecento, ci dice infine Orlando "sono validi ancora oggi", e Antonio Jerocades, chiamato l’abate rosso per le sue idee, convinto che ogni cambiamento politico necessitava di un preventivo mutamento in campo pedagogico, auspicò una rivoluzione culturale in grado di creare le condizioni per una trasformazione radicale della società».

(pubblicato sul quotidiano "Calabria Ora" del 18 settembre 2007)

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