sabato 19 aprile 2008

17 marzo 2008, incontro culturale al Rotary Club del Reventino



«Si è tenuto a Falerna un incontro sul tema “La Calabria del Settecento” organizzato dal Rotary Club del Reventino presieduto da Cristina Murone. Armando Orlando ed Armido Cario, in un qualificato pamphlet dal titolo inequivocabile “La Calabria del Settecento” edito da Calabria Letteraria, offrono un’accurata disamina sugli accadimenti più interessanti che hanno caratterizzato un secolo, durante il quale notevoli e molteplici sono stati i mutamenti economici, politici e sociali anche nella nostra regione. Gli autori pongono l’attenzione sul “valore intrinseco” e sulle ripercussioni storiche determinatesi nel “contesto amministrativo “e negli stili di vita dei Calabresi del Settecento, dove purtroppo, l’illuminismo arrivò con poca convinzione”.
Frutto di una serie di articoli, in un arco temporale abbastanza ampio sulla rivista “Calabria Letteraria”, si guarda al Settecento come spartiacque, secolo ricco di contraddizione fra medioevo e età moderna.
La riflessione inserisce la nostra regione in un contesto più ampio anche estero (l’ammutinamento del Bounty), crea un’interazione tra terremoto e teoria dei buchi neri, la nascita e l’arrivo della massoneria, e poi ancora l’arrivo delle uova di Pasqua di cioccolata.
Ma anche nelle altre parti d’Italia si avverte fortemente il cambiamento: l’arrivo della luce a Milano, il battello a vapore, una vera e propria rivoluzione dei trasporti.
Nel Nord Italia i nobili utilizzavano i fondi e le cascine per lucrare, ma anche le invenzioni per incentivare lo sviluppo. Il Settecento nel Regno di Napoli era oberato da dazi e tasse, le merci dalla Calabria a Napoli soffrivano di ben 40 richieste di dazio. Nel Settecento le famiglie nobiliari calabresi si trasferirono in gran parte a Napoli. Ma la regione subì una mancanza di sviluppo anche, per esempio, in merito alle nuove tecniche della lavorazione della seta che non arrivarono mai nella nostra regione dove era già radicata la coltura del baco, soprattutto a Catanzaro L’olio calabrese, all’epoca di pessima fattura, serviva a lubrificare le macchine inglesi o di altre nazioni europee. Ma c’erano momenti, sia pur isolati, di qualificato sviluppo del territorio, per esempio la produzione di liquirizia della Amarelli avviata nella prima metà del Settecento, ma anche l’arrivo della prima industria siderurgica del meridione realizzata appunto in Calabria.
Ma il vero e proprio gap fu la mancanza di uno sviluppo globale: in altre regioni la borghesia ha creato sviluppo, ma anche le famiglie nobiliari in Nord Italia si privarono di pennacchio e si misero a disposizione di un processo che traendo risorse anche dal latifondo, seppero valorizzare il lavoro dei campi.
Il Settecento in Calabria si contraddistingue per la crescita demografica dopo il terremoto del 1638 e varie pestilenze, ma il sisma ritorna nel 1783 con uno sciame di centinaia di scosse per almeno due anni che provocarono in tutto oltre 30 mila morti.
Per gli autori, comunque, la storia è fatta dagli uomini, anche se la Calabria è solo pedina in uno scacchiere internazionale.
Cambia comunque il rapporto col territorio da sistema del latifondo a cultura intensiva, ma anche importanti mutamenti industriali, con i circuiti estrattivi di Stilo, di Mongiana e la Ferdinandea.
Nel Settecento la Calabria è anche scoperta dai viaggiatori, oltre al Galanti, inviato dal re che scrisse una cronaca, lo stesso Casanova, che lamentava l’arretratezza delle popolazioni, ma importanti problemi di spostamento erano legati già allora alla viabilità per l’asprezza orografica del territorio».




(pubblicato dal quotidiano "La Gazzetta del Sud" del 21 marzo 2008)

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