sabato 18 ottobre 2008

"Il settecento illuminista in Calabria" di Giulia Fresca

«IL SETTECENTO è sovente indicato come il secolo caratterizzato da almeno tre rivoluzioni che hanno trasformato profondamente la storia dell'umanità: una culturale (l'Illuminismo), una politica (quella francese) ed una economica (con la quale è nata l'industria moderna).
Ancora più spesso però è facile soffermarsi su quanto è accaduto in Europa ed in Italia, raramente si analizza la situazione napoletana, quasi mai quella del “profondo” Sud. In particolare la Calabria. È ormai quasi un dato di fatto che il movimento Illuministico del '700 - sotto il vicereame austriaco (1707-1734) e poi sotto quello borbonico - doveva attirare e interessare i letterati calabresi amanti di novità e desiderosi di rinnovamento, e sebbene lo scopo principale degli Illuministi fosse quello di illuminare ed ammaestrare le masse, in Calabria questo
nonavvenne. Infatti, il sapere e la scienza restarono prerogative di pochi eletti con una cultura di elite a discapito delle masse popolari analfabete che, con la loro grossolana ignoranza seguirono inerti e passive sia gli avvenimenti politici che quelli culturali. A voler dare una lettura diversa agli accadimenti che hanno interessato questa regione, sono stati Armando Orlando ed Armido Cario con il volume “La Calabria del Settecento” (Calabria Letteraria Editrice) attraverso una analisi accurata partendo dai documenti: una serie di articoli pubblicati su "Calabria Letteraria", la rivista di cultura e arte fondata da Emilio Frangella nel 1952.
Un saggio di pregevole valenza storica che ripercorre le azioni dinamiche che hanno portato non solo alle rivoluzioni note, ma a ben altre rivoluzioni, sebbene meno conosciute che hanno interessato la Calabria nell'arco di un secolo. La testimonianza di Giacomo Casanova che nel 1743 si trovò a percorrere un viaggio da Cosenza a Martirano, offre al saggio dei due studiosi, l’immagine di una terra emarginata e stanca, abbandonata al suo destino nella quale era raro trovare gente colta e dove lo stesso olio, vera ricchezza del tempo era di pessima fattura tanto da servire alla lubrificazione delle macchine inglesi o di altre nazioni europee.
La mancanza dell’interesse da parte delle famiglie nobiliari e dell’alta borghesia che in altre regioni contribuì a creare sviluppo, comporto, al contrario una “mancanza di sviluppo anche, per esempio, in merito alle nuove tecniche della lavorazione della seta che non arrivarono mai nella nostra regione dove era già radicata la coltura del baco.
Il terremoto del 1638 e quello successivo del 1783 diventano dunque per Armando Orlando ed Armido Cario i punti di riferimento ideali entro i quali fare scorrere le vicende di una terra che è fatta da uomini mossi a piacimento da governanti nello spirito di spartizione e strategie internazionali. «La Calabria laboratorio politico ed il terremoto occasione di mutamento. Ma quali classi si avvantaggiarono degli eventi? E fino a che punto le aspirazioni dei ceti popolari e contadini furono realizzate»?
Domande che trovano risposta nella ricerca minuziosa dei saggisti ma che rimandano ad un quesito ben più inquietante: cosa sarebbe stata oggi la Calabria se essa avesse vissuto un Settecento al passo dei tempi?
«Nel 1798 una relazione da Nicastro del nobile diplomatico tedesco Federico Leopoldo von Stolberg ricorda “le penose carestie, le stentate ricolte, che han tenuto quella popolazione e la tengono tuttavia”. Nel frattempo Napoleone ha concluso la sua prima campagna in Italia, al nord della penisola è stata proclamata la Repubblica Cispadana, il Congresso di Reggio Emilia ha adottato il Tricolore e a Roma è stata proclamata la Repubblica. Nel Sud, regnano ancora i Borbone, ma il conto alla rovescia sta per iniziare…»
(fonte: Il Quotidiano della Calabria del 6 ottobre 2006, rubrica "Libri e letture").

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