«Pasolini, omicidio politico». La verità a rate di Pino Pelosi: lo scrittore fu massacrato dai fascisti
ROMA. Giuseppe Pelosi, condannato per l’omicidio di Pierpaolo Pasolini fa un ulteriore passo avanti verso la verità sull’ uccisione del poeta.
La notte tra il 1 e il 2 novembre del 1975 erano in 5 a massacrare di botte il saggista che aveva denunciato i retroscena del potere e che stava lavorando al romanzo «Petrolio» dedicato a Eugenio Cefis, indicato come il vero fondatore della P2 e il «grande manovratore» del potere più oscuro. Pelosi non incontrò casualmente il regista quella sera; c’era un appuntamento fissato esattamente una settimana prima.
Pelosi rivela, in una intervista inedita a Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - autori del volume «Profondo nero. Mattei, De Mauro, Pasolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di Stato», appena uscito per Chiarelettere - che tra quei 5 c’erano i due fratelli Borsellino, Franco e Giuseppe, morti da tempo di aids. Il nome dei due non è nuovo. Già una informativa di due mesi dopo il delitto li indicava, assieme ad un terzo, come gli autori del massacro dell’Idroscalo.
Ora Pelosi ne conferma direttamente la responsabilità ed anche il contesto in cui avvenne il pestaggio mortale e dice che sono rimasti nell’ombra gli altri tre (anche se uno potrebbe essere, nonostante le smentite di Pelosi, Giuseppe Mastini, detto Jhonny lo Zingaro), e soprattutto che si trattò di un omicidio politico.
I due Borsellino erano frequentatori della sezione dell’Msi del Tiburtino. «Se tu uccidi in questo modo o sei pazzo o hai una motivazione forte. Se gli assassini sono stati fatti sfuggire alla giustizia per trent’anni, pazzi non sono certamente... avevano una ragione importante per fare quello che hanno fatto. E nessuno li ha mai toccati».
«Quella sera c’erano pure Franco e Giuseppe Borsellino... quei due stavano tramando qualcosa, qualcosa di brutto me ne sono accorto subito, e perciò gli ho detto chiaro che io non volevo partecipare, non ne volevo sapere nulla».
Appena arrivato all’Idroscalo sulla Gt di Pasolini dal buio esce una macchina scura, un 1300 o un 1500 da cui scendono 5 persone. Uno, con la barba sui 40 anni, assesta a Pelosi un cazzotto. Pelosi scappa dopo essere stato minacciato. I 5 tirano fuori Pasolini dalla macchina e iniziano il pestaggio. Gli dicevano «sporco comunista, frocio, carogna». Pelosi si riavvicina quando tutto è finito. Il problema, quindi, sono gli altri tre, quelli mai individuati. I Borsellino - dice Pelosi - erano «diventati fascisti, andavano a fare politica».
Pelosi conferma di aver avuto nel tempo minacce «vere e proprie», inviti a tacere. Quella data a Pasolini fu una lezione, una punizione, «forse dovuta al partito o alla politica. Pasolini stava sul cacchio a qualcuno». Alla fine «ho pagato solo io» spiega Pelosi che rivela un’altra novità. La scelta di accollarsi tutta la storia, di ridurre tutto «a un fatto di froci» gli venne suggerita dal suo avvocato.
La notte tra il 1 e il 2 novembre del 1975 erano in 5 a massacrare di botte il saggista che aveva denunciato i retroscena del potere e che stava lavorando al romanzo «Petrolio» dedicato a Eugenio Cefis, indicato come il vero fondatore della P2 e il «grande manovratore» del potere più oscuro. Pelosi non incontrò casualmente il regista quella sera; c’era un appuntamento fissato esattamente una settimana prima.
Pelosi rivela, in una intervista inedita a Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - autori del volume «Profondo nero. Mattei, De Mauro, Pasolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di Stato», appena uscito per Chiarelettere - che tra quei 5 c’erano i due fratelli Borsellino, Franco e Giuseppe, morti da tempo di aids. Il nome dei due non è nuovo. Già una informativa di due mesi dopo il delitto li indicava, assieme ad un terzo, come gli autori del massacro dell’Idroscalo.
Ora Pelosi ne conferma direttamente la responsabilità ed anche il contesto in cui avvenne il pestaggio mortale e dice che sono rimasti nell’ombra gli altri tre (anche se uno potrebbe essere, nonostante le smentite di Pelosi, Giuseppe Mastini, detto Jhonny lo Zingaro), e soprattutto che si trattò di un omicidio politico.
I due Borsellino erano frequentatori della sezione dell’Msi del Tiburtino. «Se tu uccidi in questo modo o sei pazzo o hai una motivazione forte. Se gli assassini sono stati fatti sfuggire alla giustizia per trent’anni, pazzi non sono certamente... avevano una ragione importante per fare quello che hanno fatto. E nessuno li ha mai toccati».
«Quella sera c’erano pure Franco e Giuseppe Borsellino... quei due stavano tramando qualcosa, qualcosa di brutto me ne sono accorto subito, e perciò gli ho detto chiaro che io non volevo partecipare, non ne volevo sapere nulla».
Appena arrivato all’Idroscalo sulla Gt di Pasolini dal buio esce una macchina scura, un 1300 o un 1500 da cui scendono 5 persone. Uno, con la barba sui 40 anni, assesta a Pelosi un cazzotto. Pelosi scappa dopo essere stato minacciato. I 5 tirano fuori Pasolini dalla macchina e iniziano il pestaggio. Gli dicevano «sporco comunista, frocio, carogna». Pelosi si riavvicina quando tutto è finito. Il problema, quindi, sono gli altri tre, quelli mai individuati. I Borsellino - dice Pelosi - erano «diventati fascisti, andavano a fare politica».
Pelosi conferma di aver avuto nel tempo minacce «vere e proprie», inviti a tacere. Quella data a Pasolini fu una lezione, una punizione, «forse dovuta al partito o alla politica. Pasolini stava sul cacchio a qualcuno». Alla fine «ho pagato solo io» spiega Pelosi che rivela un’altra novità. La scelta di accollarsi tutta la storia, di ridurre tutto «a un fatto di froci» gli venne suggerita dal suo avvocato.
(fonte: Il Tirreno del 25 febbraio 2009)
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