mercoledì 11 agosto 2010

''Berlusconi spieghi come acquistò la villa di Arcore''


Roma, 11 ago. (Adnkronos/Ign) - Ancora alta tensione e accuse reciproche tra finiani e Pdl. Dopo il caso Tulliani e la richiesta di dimissioni del presidente della Camera, Carmelo Briguglio, deputato di Futuro e libertà, chiede oggi al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di ''dire agli italiani come acquistò la villa di Arcore dove viveva insieme all'eroe Vittorio Mangano''.

Il finiano invita il Cavaliere a spiegare ''come riuscì ad assicurarsi per soli 500 milioni di lire questo immobile di 3.500 metri quadri con terreni di circa un milione di metri quadri grazie al ruolo di Cesare Previti prima avvocato della venditrice e subito suo legale e uomo di fiducia''.

''Fini - aggiunge Briguglio - ha dato risposte precise ed esaurienti sulla casa ereditata da An a Montecarlo. Attendiamo ora che altrettanto faccia il presidente del Consiglio. E dica anche - continua - se lui, la sua famiglia, il suo gruppo imprenditoriale fanno ricorso a società offshore con sede in paradisi fiscali e dia tutti i dettagli sugli intrecci fin dall'inizio della sua attività imprenditoriale con finanziarie svizzere. Aspettiamo sue dettagliate ed esaurienti risposte. Al punto in cui siamo - conclude - il primo a dimostrare il massimo della trasparenza deve essere il capo del governo".

Intanto, botta e risposta a distanza tra il coordinatore del Pdl Sandro Bondi e il capogruppo di Fli che in un'intervista ha chiesto le dimissioni di Silvio Berlusconi. ''Chiedere come fa oggi Bocchino da una parte le dimissioni pressoché dell'intero governo e dall'altra parte la convocazione di un vertice con tanto di verifica - sottolinea Bondi -, tradisce l'estremo stato di confusione e di smarrimento in cui si trova il capogruppo di Fli''. ''Ho l'impressione - continua - che a Bocchino sfugga, quantunque faccia sfoggio di baldante sicurezza, la durezza e al tempo stesso la complessità della politica".

Immediata la reazione del capogruppo di Fli che rispedisce al mittente l'accusa e ribatte: ''Sandro Bondi anziché aggredirmi verbalmente dicendo che sono in stato confusionale farebbe bene a dirci se nella scala dei suoi valori deve dimettersi prima un plurimputato come Berlusconi o il presidente Fini a cui la magistratura non ha niente da chiedere neanche come persona informata sui fatti''.

''La differenza tra noi e Bondi - continua Bocchino - è anche nella lealtà perché noi abbiamo sempre difeso Berlusconi dalle aggressioni esterne mentre loro si sono fatti promotori di un'aggressione contro Fini soltanto perché, e uso parole di Feltri, non si è voluto 'mettere a cuccia' nel 'partito contorno'''. ''Che Bondi provi piacere a stare a cuccia facendo il contorno di Berlusconi è comprensibile, così come è comprensibile che Fini con la sua storia e il suo consenso abbia scelto di non starci'', conclude il capogruppo di Futuro e Libertà.

mercoledì 4 agosto 2010

Famiglia Cristiana: "Stato padronale, ministri ridotti a servitori‎"



La questione morale agita il dibattito politico dal lontano 1981, da quando cioè – undici anni prima di Mani pulite – l’allora segretario del Pci, Enrico Berlinguer, ne parlò per primo. La Seconda Repubblica nacque giurando di non intascar tangenti, di rispettare il bene pubblico, di debellare malaffare e criminalità. Bastano tre cifre, invece, per dirci a che punto siamo arrivati. Nel nostro Paese, in un anno, l’evasione fiscale sottrae all’erario 156 miliardi di euro, le mafie fatturano da 120 a 140 miliardi e la corruzione brucia altri 50 miliardi, se non di più.

Il disastro etico è sotto gli occhi di tutti. Quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società. Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il “bene comune” è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza.

Se è vero, come ha detto il presidente del Senato Renato Schifani, che «la legalità è un imperativo categorico per tutti, e in primo luogo per i politici, e nessuno ha l’esclusiva», è altrettanto indubbio che c’è, anche ad alti livelli, un’allergia alla legalità e al rispetto delle norme democratiche che regolano la convivenza civile. Lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni. L’appello alla legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all’illegalità. Ci si accanisce, invece, contro chi invoca più rispetto delle regole e degli interessi generali. Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in “servitori”. Semplici esecutori dei voleri del capo. Quali che siano. Poco importa che il Paese vada allo sfascio. Non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto.

Che ne sarà del Paese, dopo la rottura avvenuta tra Berlusconi e Fini? La scossa sarà salutare solo se si tornerà a fare “vera” politica. Quella, cioè, che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà. Bisogna avere l’umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale. Soprattutto se si aspira alle più alte cariche dello Stato. Giustamente, i vescovi parlano di «emergenza educativa». Preoccupati, tra l’altro, dalla difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni valori, comportamenti e stili di vita eticamente fondati.

Contro l’impotenza morale del Paese, il presidente Napolitano ha invocato i «validi anticorpi» di cui ancora dispone la nostra democrazia e la collettività. Famiglia, scuola e, soprattutto, mondo ecclesiale sono i primi a essere chiamati a dare esempi di coerenza e a combattere il male con più forza. Anche di questo si dibatterà a Reggio Calabria, dal 14 al 17 ottobre, nella 46ª edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani. Dei 900 delegati, 200 sono giovani. Una scelta. Un investimento. Un piccolo segnale di speranza.

(tratto da Famiglia Cristiana del 5 agosto 2010)