sabato 3 luglio 2010

La casta delle Regioni: in Calabria i consiglieri guadagnano più di Sarkozy

di Mario Ajello

Cari ci costano i consiglieri regionali. Pesa più uno di loro sulle casse pubbliche italiane, che un premier sull’erario della Spagna o della Francia o del Brasile. Un eletto alla Regione Calabria, al netto di alcune indennità, prende di stipendio 11.316 euro al mese: Zapatero si ferma a 7.296, Sarkozy 6.714, Lula non arriva a tremila. E non ci sarebbe niente da tagliare nei regni dei governatori della Penisola, in quelle caste regionali che da decenni sottraggono immense risorse su cui fondano la propria fortuna? Per restare in Calabria, un consigliere regionale guadagna più dei suoi omologhi di Belgio, Germania e Svizzera messi insieme.


Facciamo due facili conti. Nella regione belga delle Fiandre, che ha 2.435.879 abitanti, cioè un milione in più della Calabria, lo stipendio medio di un consigliere è di 5.500 euro. In Germania, nell’area di Amburgo (1.777.373 abitanti) la cifra percepita dall’eletto del popolo è di 2.280 euro. In Svizzera - la patria di quel modello federale che vorremmo introdurre anche quei e se l’importazione fosse ben fatta potrebbe farci risparmiare - i Cantoni hanno poteri assai superiori a quelli delle nostre attuali regioni, e anche dei Lander tedeschi, ma i membri del parlamento federale percepiscono un salario nullo perchè lì la politica non è un mestiere. E allora: lo zero degli svizzeri, più i 5.500 dei belgi più i 2.280 dei tedeschi (anche se in certe zone guadagnano anche di più) fanno in totale 7.780 euro. Molto meno di quelli di un politico di Reggio o di Cosenza o dei consiglieri pugliesi rimborsati ogni dodici mesi con la bella cifretta di 10.433 euro (il presidente Vendola ne intasca 12.716, ogni assessore 11.865) o di quelli lombardi (9.063) o piemontesi (8.963) o veneti (8.004) o campani (10.817). E si tratta di gruzzoletti nei quali - come specifica l’ultima rivelazione realizzata dalla Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni - nei quali non rientrano altre voci variabili, quali l’indennità di presenza o i rimborsi chilometrici.

A una manovra nazionale di 25 miliardi, qualche sacrificio nelle buste paga locali non gioverebbe? Senza parlare in questa sede dei possibili risparmi nel mare magnum e poco limpido della sanità, che secondo alcuni istituti di ricerca come il Cern potrebbero addirittura fruttare undici miliardi (pari a quasi la metà dei risparmi generali voluti da Tremonti), basterebbe notare che negli ultimi dieci anni le Regioni, cioè la loro legislazione e i loro apparati, hanno aumentato il tasso di spesa del 50 per cento rispetto alle performance di tutti gli altri organi e istituzioni dello Stato. Osserva Emilio Fuccillo, nel libro più aggiornato sulla ”sprecopoli” a livello locale, intitolato «La casta delle regioni» (Editori Riuniti): «Per ogni euro in più che lo Stato spende da dieci anni rispetto al suo bilancio, le Regioni ne spendono uno e mezzo rapportato ai propri bilanci. E non è che lo Stato centrale in questo decennio abbia risparmiato».

C’è una grande Regione, la Lombardia, che ha 25 consolati propri (le chiamano «antenne sul mondo») in altrettanti Paesi: da Cuba alla Polonia, dall’Uruguay al Giappone. Per non dire delle 21 ambasciate regionali allestite a Bruxelles e delle centinaia di ”presidi” - con palazzetti in affitto o di proprietà - sparsi nei quattro Continenti che inutilmente si è cercato di abolire anni fa, tramite una proposta di legge di due pionieri sconfitti della lotta a Sprecopoli: i senatori Salvi e Villone.

C’è una mini-regione, il Molise, che spende più delle grandi. L’amministrazione ha ottocento dipendenti: 26 ogni diecimila abitanti, mentre la media nazionale è di 10 ogni 10.000 abitanti. E’ particolarmente elevato anche il tasso di dirigenti in rapporto ai dipendenti (119 dirigenti ogni mille assunti) e nel numero abnorme di consulenti c’è chi - un tale Giuseppe Scassera - arriva a guadagnare 210.716 euro annui. I consiglieri delle società possedute dalla disastrata Regione Lazio incassano ogni anno due milioni di euro. E si tratta solo delle società controllate, che sono 12, cui andrebbero aggiunte le partecipate - direttamente o indirettamente - che sono 50. Il Piemonte ne ha 217, l’Umbria 180 e togliere il grasso alla casta non sarà affatto facile. Anche perchè la resistenza spara i suoi colpi micidiali. In Puglia, per esempio, sono appena stati aumentati gli stipendi dei direttori delle Asl e dei manager. E perfino il partito del presidente Vendola sta facendo fuoco e fiamme contro questa spudoratezza che fa a pugni con l’austerità da crisi. Il governo invece, per volere del ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, ha impugnato la legge molisana della giunta Iorio (che è di centro-destra) che prevede l’aumento di stipendio per i funzionari della Regione.

Si arriva - anzi s’irrompe! - nella comica quando si scopre che i novanta consiglieri siciliani si sono attribuiti 5.000 euro a testa di indennità per le spese dell’ultimo viaggio. Insomma, funerali pagati. In vita, hanno stipendi come quelli dei senatori a Roma: 19.685 euro netti al mese. «Più autista, cellulari di servizio e rimborsi per viaggio mentre ancora respirano. «Alla loro mensa - specifica Fuccillo nel suo libro - un pasto completo costa sette euro e mezzo. Per il logo della Regione, per studiarlo, mica per farlo, sono stati stanziati e spesi 216mila euro». Comunque i novanta non sono egoisti. Ogni anno distribuiscono 240 milioni di euro per pagare i docenti dei corsi di formazione professionale - uno dei grandi buchi neri dello spreco delle regioni - che costano in media 180.000 euro ognuno, sono frequentati mediamente da undici allievi di cui soltanto uno e mezzo in media trova lavoro.

Quando la Finanziaria del 2006 stabilì un taglio del 10 per cento delle indennità regionali, la Campania si rivolse alla Corte Costituzionale che le diede ragione «in nome dell’autonomia». La quale vale per le pensioni. E così, se per i parlamentari la pensione non può mai superare il 60 per cento dell’indennità lorda, in Piemonte si può arrivare all’80 per cento, in Calabria all’84, in Puglia al 90. E se ai parlamentari serve almeno una legislatura piena per avere la pensione, ai loro colleghi di certe regioni la pensione scatta dopo un anno.

Più casta di così non si può. Ma meno si deve. A dispetto d’ogni piagnisteo.

(tratto da "Il Messaggero" del 17 giugno 2010)

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