Da una parte è evidente ed esibita l’intenzione di contestare alla maggioranza una persecuzione nei confronti della corrente finiana a scapito di impegni più importanti; ma nel pezzo pubblicato in prima pagina sul Secolo di oggi a firma dell’onorevole Fabio Granata – uno dei più agguerriti esponenti di quella corrente – c’è soprattutto un salto di qualità nella contestazione dall’interno del malaffare che condiziona pesantemente le attività del partito. E che segue l’eclatante protesta dei giovani del PdL della settimana scorsa contro la santificazione di Marcello Dell’Utri all’indomani della sua condanna. Scrive oggi Granata:
Gli arresti di Flavio Carboni e compagnia sembrano confermare, con un ulteriore gravissimo tassello, l’esistenza di una ciclopica questione morale che attraversa la politica italiana e il partito nel quale abbiamo fatto confluire la storia antica, nobile e trasparente della destra italiana. Logge coperte, intrighi, collegamenti mafiosi, personaggi che ritornano dalle pagine buie della Repubblica, ci hanno catapultato in uno scenario, un po’ vintage, da Romanzo criminale.
Granata poi ricorda gli attacchi personali nei suoi confronti e di altri suoi colleghi (Bongiorno, Bocchino, Fini) arrivati dall’interno del PdL, sottolineando quello del ministro Bondi. E rimprovera Prestigiacomo, Cicchitto, Frattini – “per non parlare dei vecchi amici – si fa per dire – di An” – di tacere sulla summenzionata “questione morale”: “opache dinamiche molto di confine tra politica, affari e criminalità organizzata”.
Il grande business dell’eolico selvaggio che sta devastando il paesaggio delle nostre isole e del Mezzogiorno, il riciclaggio di denaro di dubbia provenienza, il condizionamento a fini economici delle scelte politiche, il filo rosso di rapporti e ambienti confinanti con le mafie, gli attestati di eroismo a mafiosi conclamati, la presenza di pregiudicati nelle liste o nei Consigli regionali e tante altre poco lusinghiere vicende, il tutto senza che nei vertici del Pdl ci sia mai stata una parola di condanna o di allarme o uno sforzo per imporre regole e comportamenti all’altezza di un progetto politico che dovrebbe governare l’Italia e rilanciare la sua nobile storia…
L’intervento si conclude con l’evidente – tardivo? – allarme di chi è convinto di aver consegnato una storia politica di legalitarismo all’illegalità e all’indulgenza nei suoi confronti.
Queste le gravissime questioni sulle quali ci piacerebbe vedere all’opera il decisionismo del premier Berlusconi. Tra mille critiche e scomuniche siamo stati i soli a chiedere un passo indietro a Cosentino e le dimissioni a Scajola e Brancher, salvo poi vederci dar ragione dallo stesso premier. I soli a opporci all’approvazione di un testo sulle intercettazioni che avrebbe fatto a pezzi strumenti indispensabili di indagine e contrasto a mafie e corruzione, i soli a stigmatizzare i continui tentativi di nuovi condoni edilizi, grandi regali alle mafie delle speculazioni e del cemento, i soli a riaffermare l’esigenza di verità e giustizia sulle stragi del ‘92. Altro che “controcanto”, qui c’è di mezzo la difesa di una vocazione politica antica e nobile. E soprattutto un grande patrimonio di sogni, lotte e speranze che non permetteremo siano infangate o neutralizzate da piccoli uomini al servizio di interessi oscuri.
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