giovedì 19 novembre 2009

“Terina: la scoperta della necropoli di Nocera riapre il caso dell’ubicazione della città” di Pasqualino Rettura


"La scoperta in territorio di Nocera Terinese della necropoli, sul “Piano di Tirena”, fa riaprire il dibattito sulla vera ubicazione dell’antica città di “Terina”. La colonia greca sorgeva a Sant’Eufemia Lamezia oppure a Nocera Terinese?

«Gli scavi di Sant'Eufemia - dice Armando Orlando, storico di San Mango d'Aquino - ad oggi hanno portato ben poco. Non sono stati trovate cinte murarie, acquedotti, scheletri, necropoli, tutti reperti che attesterebbero l'esistenza di una città. Ma appena una ben valorizzata laminetta di bronzo di minuscole proporzioni che poteva stare in una qualsiasi casa di campagna e le fondamenta di due casupole che potevano essere due semplici abitazioni dei tanti coloni romani che invasero il golfo al momento della conquista romana. Il Piano di Terina, dove ricordiamo esistono tuttora visibili la porta della città, i resti di ben tre acquedotti, rimasugli, cocci e monete sparsi dappertutto, ha invece dato alla luce, ineluttabilmente, la sua nota necropoli. Nota perchè ne aveva parlato Marincola Pistoja, Leopoldo Pagano e perfino lo stesso Orsi, che però aggiunse di non averla individuata. Una necropoli del periodo della colonizzazione greca,da quanto scrissero». Armando Orlando aggiunge che, dopo questo ritrovamento, «è veramente paradossale che Nocera e i noceresi non ne sappiamo proprio nulla. E' un atteggiamento di assoluta disistima verso il mondo culturale locale e verso i giovani di Nocera che amano il loro paese dal punto storico».

Una necropoli, dunque, ben visibile, quella venuta alla luce ai margini dell’autostrada. E alla mercè di chiunque, incustodita. Tombe aperte e tombe ancora chiuse che chissà quali tesori possono racchiudere.

Eppure, in occasione dell'inizio dei lavori di ammodernamento dell'autostrada, il ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, congiuntamente al ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha diramato, il 23 gennaio 2003, le modalità dei lavori in via ufficiale nei pressi di «un'area oggetto di tutela ai sensi della legge 1089/39 ubicata in prossimità di Timpa delle Vigne (Terina) che è ai margini del percorso attuale e di quello in progetto e non sarà interessata, neanche marginalmente, da alcun tipo di intervento»".

(fonte: Il Quoridiano della Calabria, 2 novembre 2009, pag. 14)

venerdì 13 novembre 2009

"Navi dei veleni, Napoli: Il Governo nasconde la verità"


"Quei veleni top secret"
di Riccardo Bocca
(tratto da L'Espresso del 12/11/2009)


"Angela Napoli, membro Pdl della commissione parlamentare Antimafia, lo dice apertamente:"Il governo sta cercando di nascondere la verità sulle navi dei veleni, e su quella di Cetraro in particolare. Si vogliono coprire segreti di Stato, e la strada scelta è quella del silenzio. O peggio ancora, di dichiarazioni che non stanno in piedi". Parole che arrivano dopo giornate intense. La settimana scorsa Pippo Arena, il pilota del congegno sottomarino che il 12 settembre aveva filmato la nave sui fondali calabresi, ha dichiarato a "L'espresso" che "due stive erano completamente piene". Poi è stato il turno del ministero dell'Ambiente, che ha pubblicato on line le immagini girate a fine ottobre su quello che ha presentato come il piroscafo Catania. Infine è spuntata, tra politici e ambientalisti, l'ipotesi che nel mare di Cetraro ci siano non uno, ma più relitti. "Il che potrebbe giustificare la fretta di voltare pagina del ministro dell'Ambiente", dice l'onorevole Napoli.

Un'accusa pesante, la sua: su cosa si basa?
"Penso, per esempio, a cosa è successo il 27 ottobre quando è stato ascoltato dalla commissione Antimafia il procuratore nazionale Piero Grasso. Appena gli ho posto domande vere, scomode, il presidente della commissione Beppe Pisanu ha secretato la seduta...".

Si può sapere, nei limiti del lecito, quali argomenti toccavano le sue domande?
"Chiedevo chiarezza sul ruolo dei servizi segreti in questa vicenda. Domandavo come potesse il pentito Francesco Fonti, che non è della zona, indicare il punto dove si autoaccusa di avere affondato una nave, e farlo effettivamente coincidere con il ritrovamento di un relitto. Volevo che superassimo le ipocrisie, insomma. Anche riguardo al memoriale del pentito, che è stato custodito per quattro anni, dal 2005, nei cassetti della Direzione nazionale antimafia senza che nessuno facesse verifiche".

Il ministero dell'Ambiente ha pubblicato sul suo sito le riprese della nave affondata a Cetraro. Non basta?
«Può bastare un filmino in bassa risoluzione che, quando clicchi, si apre su YouTube? Non scherziamo. E aggiungo: poniamo anche che le stive risultino vuote. Dov?è finito il carico visto dal pilota il 12 settembre?». Un dato è certo: alle 12,56 del 27 ottobre, il ministro Prestigiacomo ha detto che il robot aveva già svolto «le misurazioni e i rilievi fotografici del relitto».

Ed è stata smentita due volte: alle 13,12 dello stesso giorno dalla società Geolab che svolgeva il lavoro («Abbiamo fatto solo rilievi acustici»); poi in diretta a Sky da Federico Crescenti, responsabile del Reparto ambientale marino delle capitanerie di porto, il quale ha spiegato che le operazioni in acqua del robot sono iniziate la sera del 27.
«Dico di più. Sempre il 27 ottobre, la direzione marittima di Reggio Calabria ha trasmesso alla commissione Antimafia una mappa con i punti di affondamento di 44 navi lungo le coste italiane. Guarda caso, in Calabria ci sono nove croci senza nome...».

Rilancerà questo elemento in commissione Antimafia?
«Certo. Ma è difficile che un governo smascheri ciò che un altro governo ha occultato. C?è l?interesse bipartisan ad andare oltre, a dimenticare che il pentito Fonti parla di legami con ex democristiani e socialisti ancora attivi. Ricordiamo che il sottosegretario agli Esteri, in questo governo, fa di nome Stefania e di cognome Craxi».

Quindi?
«Basta con i segreti. Il governo vuole chiudere il caso Cetraro? Renda pubbliche le immagini satellitari dei traffici avvenuti nei mari italiani tra gli anni Ottanta e Novanta. La verità c'è già: basta avere voglia di vederla»."

Ascolta l'audio intervista de L'Espresso

venerdì 23 ottobre 2009

Acqua pubblica: (ancora) si può. Come gestire la risorsa idrica senza trattarla come una merce


Riceviamo, condividiamo e diffondiamo, con partecipazione ed interesse, il comunicato stampa del Coordinamento Beni Comuni Cosenza, relativo al prossimo dibattito con Corrado Oddi del Coordinamento Nazionale Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua.

"Da quando nell’ormai lontano 1997 la Calabria, recependo la Legge Galli, si è avviata verso la realizzazione della cosiddetta “industria dell’acqua”, la qualità del servizio non è affatto migliorata, problemi atavici non sono stati risolti, ed in compenso la gestione del servizio stesso si è di molto complicata.

È stato creato un sovrambito regionale gestito dalla SoRiCal, società mista nata nel 2003 la cui parte privata è ora in mano della multinazionale francese Veolia (che fa affari in Calabria anche con discariche e con l’inceneritore di Gioia Tauro). Il privato avrebbe dovuto iniettare liquidità, ma investimenti non se ne sono visti. Si è venuti a conoscenza invece dell’accensione di un mutuo di 240 milioni di euro con un istituto irlandese coinvolto nello scandalo dei derivati “tossici”, che pare coperto solo al 50%. Intanto, mentre gli ATO non decollano anche a causa delle lentezze del Consiglio Regionale, la Giunta Regionale ha autorizzato la SoRiCal, già oggetto di polemiche per aumenti delle tariffe che appaiono ingiustificati e vessatori, a riscuotere anche i debiti pregressi dei Comuni per la fornitura idropotabile. La SoRiCal per recuperare i crediti ha diffidato tutti i comuni minacciando la riduzione del servizio ed ha proceduto alla riduzione della fornitura idrica al Comune di Scalea ritenuto inadempiente.

La situazione è aggravata dal contesto nazionale, perché il 9 settembre 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge con il quale (Art. 15) si sancisce un’ulteriore privatizzazione di tutti i servizi pubblici locali, e si spiana definitivamente la strada alla privatizzazione dell’acqua.

È ancora possibile opporsi a questa apparentemente ineluttabile tendenza? Il Coordinamento Regionale Acqua Pubblica “Bruno Arcuri” sostiene di sì, ed è pronto a dimostrarlo nel corso di due incontri pubblici con Corrado Oddi, del Coordinamento Nazionale del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, che si terranno il prossimo 24 e 25 ottobre a Belmonte Calabro e Bovalino. In particolare l’incontro di Belmonte, organizzato insieme al Coordinamento Beni Comuni Cosenza, si terrà al termine della manifestazione nazionale di Amantea, alle ore 15.00 di sabato 24 ottobre presso il CEAM del WWF a Belmonte Marina.

Nel corso dell’incontro sarà inoltre lanciata una campagna tesa a far sì che le amministrazioni comunali calabresi riconoscano il principio che l’acqua è un bene comune e non una merce, ed inseriscano negli Statuti comunali:
− che il servizio idrico integrato non ha finalità economiche;
− che la proprietà della rete di acquedotto e la distribuzione dell’acqua appartengono al demanio comunale inalienabile;
− che la gestione è attuata esclusivamente dai comuni in forma consorziata e a tal fine si procederà alla risoluzione del contratto di servizio di fornitura all’ingrosso con So.Ri.Cal. S.p.A.;
− che a ogni cittadino è assicurato gratuitamente un quantitativo minimo vitale di acqua al giorno.

Già il comune di Caulonia, primo in Calabria, ha provveduto ad inserire nel proprio Statuto che l’acqua è un bene comune pubblico al quale tutti devono avere accesso. Questa scelta avrà come conseguenza che il Comune non potrà aderire all’ATO fino a quando tale adesione comporterà l’affidamento a privati del servizio idrico.

Ulteriori informazioni sul sito www.difendiamolacalabria.org. Riferimenti: 338-9636065".

sabato 17 ottobre 2009

"Oggi Cario al Premio Alvaro" di Vittorio Pontieri



"Il falernese Armido Cario autore, insieme ad Armando Orlando, del libro “La Calabria del Settecento”, parteciperà oggi al Premio nazionale “Corrado Alvaro” giunto, quest’anno, alla IX edizione e promosso dall’omonima fondazione con sede a San Luca.
Il volume, pubblicato nel 2007 da Calabria Letteraria Editrice, costola culturale del gruppo Rubbettino, ha dato il la ad un costruttivo dibattito culturale sui fenomeni dello spopolamento e dell’emigrazione, che feriscono, da secoli, la nostra regione.
Armido Cario è uno scrittore esordiente che muovendosi dalla sua Falerna è da sempre attivo sulla stampa locale con pagine di storia calabrese e nazionale, fra tutte La scuola calabrese dall'Unità nazionale al secondo dopoguerra e La giustizia in Italia, è anche autore di pubblicazioni scientifiche nel campo del diritto comunitario, di cui è cultore presso l’Unical.
Armando Orlando è di San Mango e pure conoscitore delle cose falernesi, oltre ad aver collaborato con quotidiani e periodici in Italia ed all’estero, è autore del saggio di storia locale San Mango d’Aquino. La storia e di opere di enorme diffusione ed interesse, come La Calabria intorno al Mille, Storia di una terra del Sud, San Francesco di Paola, Castiglione e Falerna, editi con successo da Rubbettino.
I contenuti del libro sono magistralmente tracciati dagli stessi autori. «Il Settecento assume, sotto molteplici sfaccettature, il ruolo di secolo spartiacque, non solo per i progressi tecnologici, quanto per l’intero movimento culturale europeo. È un “mondo aperto” a tutte le sollecitazioni e le tensioni di una vita sociale, che precipita verso la Rivoluzione francese.
Abbiamo proiettato la Calabria in un’ottica di sistema, considerandola parte di un tutto, al fine di rivelare le cause storiche, che determinarono il contesto sociale e gli stili di vita dei calabresi».
Un libro di portata divulgativa, eppure fondato su solide basi scientifiche, in cui il racconto storico tracciato dai due storici del lametino, s’intreccia alla concretezza del vivere quotidiano: al centro vi sono, infatti, «l’umanità e l’umanesimo calabrese», sintomo ed espressione di un territorio dove geografia e storia impediscono rivoluzioni e mutamenti.
Il Settecento fu il secolo dei visitatori stranieri, che rivelarono le contraddizioni, i ritardi economici ed infrastrutturali delle nostre province, già prima dell’apocalittico sisma del 1783.
La Calabria fu, in positivo, un «laboratorio politico» per il riformismo borbonico, sebbene il secolo si chiuda nel sangue, con la fine della Repubblica partenopea. Un finale tragico e violento, preludio di un secolo, l’Ottocento, foriero di idee e uomini nuovi, destinato a compiersi nel Risorgimento e nell’Unità d’Italia".


(fonte: Calabria Ora del 15 ottobre 2009, pag. 32)

lunedì 5 ottobre 2009

"Voucher della Regione Calabria: assunzioni camuffate da stage?"

"In regione Calabria gli scandali legati ad assunzioni clientelari di parenti, parenti dei parenti e parenti di parenti di parenti, di gente che non aveva i requisiti previsti dalla legge (compreso un ex assessore regionale poi dimessosi) ed infine, di bandi tagliati sui raccomandati dai politici sono praticamente all’ordine del giorno. Non stupisce che il presidente del consiglio regionale Bova sia costretto a rassicurare i partecipanti alla prossima maxi selezione regionale. Purtroppo a quanto emergerebbe dalla denuncia del giuslavorista Pietro Ichino, che ha recentemente presentato un’interrogazione parlamentare sul caso, il solito malcostume nostrano continua ad essere perpetrato in altra forma, spacciando prestazioni lavorative a tempo determinato non meglio inquadrate nella vigente disciplina dei contratti di lavoro, per stage formativi. Ichino viene ovviamente smentito dai vertici regionali, ma le sue argomentazioni sembrano meritare grande attenzione. Con legge regionale n°8 del 2008, il consiglio regionale della Calabria (proponente Roberto Occhiuto, in quota UDC) ha in effetti avviato un piano di formazione professionale definito “programma stages”. Secondo quanto previsto dal bando approvato con delibera 21 novembre 2007 n. 103, 250 laureati presso le università calabresi con 110/110, di età non superiore a 37 anni, residenti in Calabria da almeno tre anni o disposti a tornarci, potranno prestare attività lavorativa per due anni presso vari uffici della regione, ricevendo un compenso di 1000 euro mensili. «Offriamo un’opportunità ai giovani, sosteniamo il sistema universitario e ci sforziamo di migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione» ha affermato il presidente del consiglio regionale, Giuseppe Bova. Finanziato con 6 milioni di euro l’anno, di cui metà sono contributi del fondo sociale europeo, è stato considerato un successo, tanto da essere stato ulteriormente rafforzato. Secondo il giuslavorista Ichino, questa attività non può affatto configurarsi come un’attività di stage, e ciò può agevolmente essere confermato da una lettura della normativa che regola tirocini formativi e tirocini di orientamento al lavoro, nonché delle norme europee che regolano l’utilizzo dei finanziamenti del FSE. Gli stage formativi sono degli strumenti introdotti per la prima volta nel nostro ordinamento dalla legge 24 giugno 1997 n 196, recante “norme in materia di promozione dell’occupazione”, poi attuata tramite il regolamento 25 marzo 1998 n 142. Il loro scopo, secondo quanto disposto all’art.18, è quello di “realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l'obbligo scolastico”. I tirocini formativi si intendono come delle esperienze da maturare durante il corso di studio, mentre i tirocini di orientamento al lavoro sono riservati a soggetti già laureati. Possono farsi promotori dei progetti le istituzioni, sia pubbliche che private, che a vario titolo si occupano di formazione professionale, tassativamente elencate all’ art.2 della legge, tra sono anche ricompresi “centri pubblici o a partecipazione pubblica di formazione professionale c/o orientamento nonché centri operanti in regime di convenzione con la regione o la provincia competente”.I tirocini hanno una durata massima, prevista dalla legge. Questi non possono mai superare, se non per soggetti portatori di handicap, i 12 mesi. Per ciò che riguarda le norme comunitarie, la Commissione Europea, nelle Disposizioni generali FESR - FSE - Fondo di coesione (2007 - 2013) e in linea con il metodo della c.d. strategia europea per l’occupazione, propone tra le priorità di destinazione dei fondi erogati dal FSE la creazione di nuovi posti di lavoro effettivi. I “tirocini” in Regione, invece, hanno una durata prevista di 2 anni ed, almeno per ora, non sembrano preludere alla creazione di nuovi posti di lavoro effettivi. Ma allora… cosa sono? E’ proprio su questo tema che si incentra l’interessante carteggio Ichino-Bova-Loiero, consultabile assieme al testo dell’interrogazione parlamentare presentata dal professore, nonché l’intervista che il giuslavorista ha rilasciato sul sito “La Repubblica degli Stagisti” ad Eleonora Voltolina e che ancora non ha trovato risposta a livello ministeriale. Ancora più grave è che, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, fra i vincitori del “voucher” ci sono odontoiatri, archeologi, ingegneri, professori. Giusi Fasano scrive: “ qualcuno ha famiglia, ha già un lavoro e annuncia di volerselo tenere, anche se ha passato il bando”.
L ’opinione di Ichino non è isolata: anche altri esperti di diritto del lavoro, intervistati da Eleonora Voltolina ritengono che gli stages della regione Calabria assomiglino più che altro a contratti di lavoro subordinanto.
In particolare Michel Martone, docente di diritto del lavoro presso l’università di Teramo e la LUISS di Roma non usa mezzi termini, affermando che lo Stato dovrebbe creare buona occupazione per i migliori, invece che limitarsi a offrire lavori con data di scadenza – in questo caso, per giunta, camuffandoli da stage per poter risparmiare su tutti gli oneri indiretti”. Bisognerebbe domandare al Presidente della Regione Calabria Agazio Loiero e ad al presidente del Consiglio Regionale, onorevole Bova , se sono queste le loro proposte per incentivare l’occupazione dei giovani calabresi".

martedì 29 settembre 2009

"Superstagisti calabresi, ancora nessuna risposta" di Eleonora Voltolina

"Li abbiamo chiamati superstage. Sono partiti l'anno scorso, per iniziativa del consiglio regionale della Calabria, e finora hanno coinvolto 500 laureati delle tre università calabresi. Sono stage abnormi, prima di tutto per la loro durata: 2 anni. Peccato che la normativa vigente (dm 142/1998) preveda che per i laureati gli stage possano durare al massimo 1 anno, e che 2 anni siano concessi solo per i portatori di handicap. In più questi superstage sono aperti non solo a giovani, ma anche ad adulti: il bando accettava candidature fino a 37 anni, e anzi attribuiva punteggi aggiuntivi per chi fosse già iscritto ad albi professionali o avesse conseguito master e dottorati. Risultato: tra i superstagisti ci sono dottori commercialisti 36enni con studi avviati, ingegneri 30enni, professori universitari 32enni.Questo snaturamento dello strumento dello stage, portato sotto i riflettori proprio dalla Repubblica degli Stagisti, è stato contestato dal senatore e giuslavorista Pietro Ichino, che il 15 gennaio ha presentato un'interrogazione parlamentare per chiedere conto al governo di questa iniziativa. Ma sembra che in questi due mesi e mezzo né Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e del welfare, né Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, né Andrea Ronchi, ministro per le Politiche comunitarie, abbiano trovato il tempo di dare una risposta.Professor Ichino, dai ministri interpellati ancora nessuna risposta. Com'è possibile che il governo ignori una richiesta di chiarimenti su una questione che muove non pochi spiccioli, ma ben 6 milioni di euro all'anno?E' il segno di un imbarazzo grave. Evidentemente i ministri competenti non sanno che pesci pigliare. Anche perché in questa vicenda è fortemente coinvolto anche il centro-destra.Alcuni esponenti del consiglio regionale calabrese hanno cercato di dire che il "Programma Stages" non promuoverebbe stage, ma qualcos'altro di diverso, e pertanto di non assoggettabile alla normativa vigente sugli stage formativi in azienda. E' credibile?Hanno sostenuto che non si tratterebbe di stage, ma - nientemeno - di un master universitario di secondo livello! Non sanno di che cosa parlano. Non sanno, in particolare, che un master universitario deve rispondere a requisiti didattici ben precisi, che qui difettano totalmente.Considerando che la metà dello stanziamento, 3 milioni di euro, proviene da fondi europei, si potrebbe chiedere anche all'UE un parere in proposito?Ci penserà comunque il Fondo Sociale Europeo a chiedere conto dell'attività formativa svolta, a consuntivo. E saranno dolori per tutti.Ha più sentito qualcuno della Regione Calabria rispetto alla proposta di mandare i superstagisti a fare un'esperienza nelle pubbliche amministrazioni di altri Paesi?No: dopo i primi consensi iniziali nessuno ne ha più parlato. E la cosa più triste è che da alcuni dei giovani interessati si sono levate voci di rifiuto preventivo: "ci avete offerto gli stage vicino a casa e qui dovete darceli"!Molti superstagisti in effetti hanno rigettato la proposta di andare all'estero, anche in ragione del fatto che alcuni di loro accanto allo stage svolgono attività cui dovrebbero per forza di cose rinunciare se si allontanassero dalla Calabria. Il grave errore della politica si è tradotto in una vicenda profondamente antieducativa. La cattiva politica alimenta comportamenti perversi nel mercato del lavoro.Alcuni superstagisti hanno scritto che andare in una pubblica amministrazione di un altro Paese a vedere come funziona non servirebbe a niente, perchè poi in Italia tornerebbero a doversi adeguare alle nostre normative. E' un'obiezione pertinente?Ma come pensano di contribuire, questi giovani, alla riscossa della loro Regione, se non cercando di importare in essa il meglio delle esperienze europee? Non si rendono conto del fatto che, crogiolandosi in questo modo nella loro inerzia personale, perpetuano le condizioni di arretratezza della loro terra?Molti hanno accettato questi stage solo per avere un'entrata sicura per un paio d'anni: in Calabria trovare lavoro non è facile. La disoccupazione è all'11,2%, quasi il doppio rispetto alla media nazionale e quasi il quadruplo rispetto a regioni come Lombardia ed Emilia Romagna. Lasciando perdere tentativi che anche altri giuslavoristi hanno giudicato impropri e controproducenti, come questo del "Programma Stages", cosa si può fare per creare più buona occupazione in Calabria?Una strategia efficace dovrebbe puntare ad attirare in Calabria il meglio dell'imprenditoria mondiale. Per questo occorrerebbe l'azione congiunta di un governo regionale affidabile, che creasse il massimo possibile di agevolazione e sicurezza per l'investitore straniero, e un sindacato capace di valutare i piani industriali più innovativi, negoziandone le condizioni a 360 gradi. Un sindacato capace di agire come intelligenza collettiva dei lavoratori calabresi e, se la valutazione sul piano industriale è positiva, capace di guidarli in una scommessa comune con l'imprenditore.Cos'ha in mente di preciso, professore?Il discorso potrebbe - per esempio - essere questo: sappiamo che investire qui è un po' più scomodo e più pericolosco che altrove; ma siamo convinti che l'investimento avrà successo; quindi siamo pronti a "investire" nella scommessa una parte delle nostre retribuzioni. Tu, imprenditore, ora ci paghi solo il 70% del minimo tabellare previsto dai contratti collettivi nazionali; poi, passati due anni, se le cose saranno andate bene, come siamo convinti che andranno, e lo start up si sarà consolidato, recupereremo la differenza; e fra quattro anni, quando l'investimento incomincerà a dare i suoi frutti, ce li divideremo così e così. Ma per far questo occorre saper andare a cercare gli imprenditori da ingaggiare in giro per il mondo, saper parlare loro nella loro lingua, saper far proprie le loro esigenze organizzative, anche quando urtano contro i vincoli dei nostri contratti. In altre parole: conoscere il mondo e saper contrattare a tutto tondo. Anche per questo sarebbe stato utile alla Calabria che i suoi laureati migliori, invece che tenuti per due anni attaccati alle gonne delle mamme, venissero inviati a fare esperienza fuori dall'Italia".

(tratto da http://www.repubblicadeglistagisti.it/)

P.S. Nel momento in cui scriviamo, l'iter del secondo "Programma stages" è immobile in Consiglio Regionale. Eppure, è stato pubblicato quasi un anno fa, il 01/10/2008, nel suppl. n. 1 al BURC n. 39 del 26/09/2008: da quanto ci è dato sapere, secondo fonti ufficiali, le domande di partecipazione sono state soltanto catalogate per provincia e per settore, mentre l'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale ritarda nel nominare la competente Commissione esaminatrice e nell'emanare il nuovo bando che, secondo Regolamento (Deliberazione Uff. Presid. n. 49 del 9/7/2007, sez. 2, art .1, punto 4), dovrebbe essere approvato entro il 30 settembre di ogni anno.
Non aderiamo alla scuola di pensiero della dietrologia: tuttavia, giunti a questo punto, ci auguriamo almeno che, in prossimità del giro di boa elettorale previsto per la prossima primavera, qualcosa si muova. La propaganda, in questi casi, può far miracoli...

mercoledì 23 settembre 2009

"Calabria, legge ad personam e contra personas" di Michele Ainis




"Sarà pur vero che le leggi personali le ha inventate Berlusconi. Ma c’è chi, a sinistra, ne cavalca l’esempio. Di più: riesce a fondere in un solo atto normativo una legge ad personam e contra personas, oltre che contro le regole più elementari dello Stato di diritto.Per raccontare questa storia, bisogna immergere lo sguardo nei palazzi del potere calabrese, facendo correre all’indietro l’orologio, fino alla data del 2001. Mentre il mondo inorridisce dopo l’attentato alle Twin Towers, la Calabria approva una legge (n. 25 del 29 ottobre 2001) per assumere i portaborse alle dipendenze del Consiglio regionale, attraverso un concorso «riservato». Qualcuno nei giornali mena scandalo, ma dopotutto la stessa sanatoria si ripete in molte altre regioni. Sicché il concorso viene espletato l’anno successivo, 132 portaborse sono dichiarati idonei, ma solo 85 ottengono in premio l’assunzione. E gli altri? Non c’è più posto, la pianta organica è al completo. Però gli esclusi hanno diritto, in base alla normativa statale e regionale, allo scorrimento della graduatoria, se e quando il Consiglio regionale procederà a nuovi reclutamenti. Gioca qui infatti un principio di economia amministrativa: perché mai armare un altro bastimento concorsuale quando la figura professionale che ti serve ce l’hai già, certificata dalla vecchia commissione di concorso?

Due anni dopo, nuovo concorso
Invece nel 2004 la regione indice una nuova procedura concorsuale: 170 posti. Evidentemente in un paio d’anni si era aperta una voragine in quell’organico zeppo come un uovo. Fanno domanda 48.983 persone, la popolazione d’una cittadina di provincia. E infatti il concorso non si è ancora concluso, benché la Calabria ne abbia affidato la gestione a una società esterna, per risparmiare tempo, non certo per risparmiar denaro. Domanda: ma non era meglio assumere gli idonei del 2002? Sulla carta sì, ma c’è portaborse e portaborse. C’è il parente stretto d’un consigliere regionale, c’è il funzionario di partito, il cui profilo corrisponde quasi sempre agli 85 fortunati vincitori; ma c’è anche il portaborse senza troppi santi in Paradiso, oppure disgraziato, nel senso che è caduto in disgrazia nel frattempo. Tuttavia i disgraziati non s’arrendono: vanno in giudizio, e il tribunale di Catanzaro in 29 casi riconosce il loro diritto all’assunzione. Con quali conseguenze? Un danno erariale di 3 milioni e mezzo di euro, non proprio una bazzecola. Ecco, è a questo punto della storia che entra in scena Sua Maestà la Legge. Se ne rende anfitrione il presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Bova, ex diessino adesso in prima fila nel Partito democratico, nonché titolare d’una pagina su Wikipedia non troppo lusinghiera, per una pioggia di polemiche con il movimento antimafia calabrese e per una condanna della Corte dei conti (penne Montblanc in regalo ai consiglieri). Il rimedio? Una legge retroattiva, che cancelli oggi per allora il diritto allo scorrimento della graduatoria.

La certezza del diritto
Alla faccia degli illuministi, che a suo tempo ne vietarono l’uso perché altrimenti se ne va in fumo la certezza del diritto. E alla faccia della pubblica decenza, dato che la legge in questione (n. 27 del 2009) viene costruita nottetempo e in pieno agosto, come si fa con gli abusi edilizi. Senza uno straccio di relazione illustrativa che dia qualche informazione ai pochi consiglieri in aula. Senza neppure un passaggio in commissione, benché lo statuto della Calabria (art. 29) lo renda obbligatorio. Per intendersi: come se improvvisamente il presidente Fini tirasse fuori un foglietto dalla tasca, chiedendo ai deputati di trasformarlo in legge.Per la verità, in quella notte del 6 agosto, un consigliere (Demetrio Battaglia) osserva che nessuna assemblea legislativa può cambiare in corso d’opera le regole del gioco. Ma il presidente Bova gli risponde secco: «Per strada, qualcuno che non è il legislatore ha forzato il legislatore». Questo qualcuno è il giudice, che evidentemente a Catanzaro vive sulla strada. Poi c’è qualcuno che doveva cautelarsi dal danno erariale (da qui la legge ad personam). E qualcun altro - i 29 disgraziati - che non doveva prendere servizio (da qui la legge contra personas). Ma dopotutto questa vicenda ci consegna una nota positiva: almeno in Calabria, non è vero che le leggi si disinteressano dei destini personali".

(fonte: "La Stampa", 22/09/2009)

martedì 19 maggio 2009

'A Calabria è morta!



Un canto di rabbia, oscillante tra l'amore per la propria terra e la provocazione verso chi ne accetta, quotidianamente e passivamente, il logorio; un canto fatto di poesia ed immagine, diviso tra un'inveitabile delusione e un'indispensabile reazione.
'A Calabria è morta è tutto questo: è l'ultima fatica teatrale di Ernesto Orrico, attore cosentino, messa in scena grazie alla preziosa collaborazione in regia di Manolo Muoio.
“Non è solo un lavorare sul tema ‘ndrangheta, ma è tutto un arrovellarsi sulla malattia della mia terra – la mia regione, il paese in cui vivo - su una sorta di infezione perenne. Provo a immettermi su un sentiero che non vedo chiaramente ma che sta davanti alla mia vita teatrale/artistica. La questione per me è enorme, è complessa, è terribile, è disturbante”... Parola di Ernesto Orrico.
Vi proponiamo un significativo estratto della pièce.
'I chi vuliti parrà?
1.
Bombardare la magnagraecia
bombardare le vestigia
bombardare la battigia
inquinare inquinare inquinare
ogni chilo di sabbia
ogni chilo di terra
decapitare decapitare decapitare
ogni abitante dell'astronave
contaminare contaminare contaminare
ogni figlio di puttana di puttana
di puttana figlio di puttana che pontifica
rasserena spiega riannoda convince tenta
serra le fila chiama a raccolta e e e e e e e e e e.
2.
Ma adesso amici, cittadini, compagni, camerati, simpatizzanti
è tempo di ampliare il santuario
è tempo di asfaltare il parco naturale
è tempo di beatificare qualcuno, qualcosa
è tempo di far piangere madonne e nani da giardino
è tempo di consacrare ogni pezzo di ragione/regione/ragione
è tempo... fratelli! Di confessione.
3.
'A Calabria è morta!!!
'A Calabria è morta!!!
Festeggiamu! Festeggiamu!
Pasteggiamu! Pasteggiamu!
Coddramuni tuttu… coddramuni tuttu!
Coddramuni tuttu… coddramuni tuttu!
Strangogliapriaviti! Ciccitiaddri! Cuddruriaddri!
Milungiani! Pimmaduari! Citrulicchi!
Coddramuni tuttu coddramuni tuttu!
Coddramuni puru u sangu du muartu!
Coddramuni puru u sangu du puarcu!
'I chi voliti parrà?
Di sordi? Di squartamienti? Di piscinari? Di rifardi?
'I chi voliti parrà?
Di storie 'i resistenza? Di storie d'opposizione?
'I chi voliti parrà?
Di fimmine ca ciangianu figli scannati?
'I chi voliti parrà?
Di cumpari ca su cumpari di cumpari?
'I chi voliti parrà?
'I chi voliti parrà?
'I chi voliti parrà?

venerdì 3 aprile 2009

"Il canto dei nuovi migranti": omaggio a Franco Costabile


Questo intervento rappresenta un misero, ma sincero omaggio a Franco Costabile, massimo cantore della Calabria, che la cultura e la memoria collettiva continuano ad oltraggiare con l'oblio.

Nessun artista, nessun talento, autentico o sedicente, di questo lembo di penisola che va dallo Stretto al Pollino, ha saputo cogliere, dipingere, denunciare, addolorarsi, reagire alle contraddizioni della nostra terra e della nostra gente come Franco.

Il suo canto vero, libero, triste ed aggressivo è sempre tuonante, contro la malavita, la mala politica, il malcostume... Ieri come oggi.

Franco ci appartiene, Franco appartiene ai calabresi, eppure continua ad essere un reietto, così come lo era in vita.

Questo è il suo canto...


Ce ne andiamo.
Ce ne andiamo via.

Dal torrente Aron
Dalla pianura di Simeri.

Ce ne andiamo
con dieci centimetri
di terra secca sotto le scarpe
con mani dure con rabbia con niente.

Vigna vigna
fiumare fiumare
Doppiando capo Schiavonea.

Ce ne andiamo
dai campi d'erba
tra il grido
delle quaglie e i bastioni.

Dai fichi
più maledetti
a limite
con l'autunno e con l'Italia.

Dai paesi
più vecchi più stanchi
in cima
al levante delle disgrazie.

Cropani
Longobucco
Cerchiara Polistena
Diamante
Nao
Ionadi Cessaniti
Mammola
Filandari...

Tufi.
Calcarei
immobili
massi eterni
sotto pena di scomunica.

Ce ne andiamo
rompendo Petrace
con l'ultima dinamite.

Senza
sentire più
il nome Calabria
il nome disperazione.

Troppo tempo
siamo stati nei monti
con un trombone fra le gambe.
Adesso
ce ne scendiamo
muti per le scorciatoie.

Dai Conflenti
dalle Pietre Nere da Ardore.

Dal sole di Cutro
pazzo sulla pianura
dalla sua notte, brace di ucccelli.

Troppo tempo
a gridarci nella bettola
il sette di spade
a buttare il re e l’asso.
Troppo tempo
a raccontarci storie
chiamando onore una coltellata
e disgrazia non avere padrone.
Troppo
troppo tempo
a restarcene zitti
quando bisognava parlare, basta.

Noi
vivi
e battezzati
dannati.
Noi
violenti
sanguinari
con l'accetta
conficcata
nella scorza
dei mesi degli anni.
Noi morti
ce ne andiamo
in piedi
sulla carretta.
Avanzano le ruote
cantano i sonagli verso i confini.

Via!
Via
dai feudi
dagli stivali dai cani
dai larghi mantelli.

Ussahè…

Via
Via!

Via
dai baroni.

I Lucifero
I conti Capialbi
I Sòlima gli Spada
I Ruffo
I Gallucci.

Usciamo
dai bassi terranei
dal sudario
dei loro trappeti
dai parmenti
della vendemmia
profondi
a lume di candela
e senza respirazione.

Via
dai Pretori
dalla Polizia
dagli uomini d'onore.

Non chiamateci.
non richiamateci.

È scritto
nei comprensori
È scritto
nei fossi nei canali
È scritto
in centomila rettangoli
alto
su due pali
Cassa del Mezzogiorno
ma io non so
che cosa
si stia costruendo
se la notte
o il giorno.

Ci sono raffiche
su vecchie facciate
che nessuno leva: l'occhio
del Mitra
è più preciso
del filo a piombo della Rinascita.

Addio,
terra.
Terra mia
lunga
silenziosa.

Un nome
non lo ebbe
la gioventù
non stanchiamoci adesso
che ci chiamano col proprio cognome

Nnoi
Noi
ce ne siamo
già andati.

Dai catoi
dagli sterchi orizzonti.

Da Seminara
dalle civette di Cropalati.

Dai figli
appena nati
inchiodati nella madia
calati dalle frane
dall'Aspromonte
dei nostri pensieri.
Spegnete
le lampadine della piazza.
scordiamoci
delle scappellate
dei sorrisi
dei nomi segnati
e pronunciati per trentasei ore.

Cassiani
Cassiani
Cassiani
Cassiani
Foderaro Galati
Foderaro
Antoniozzi
Antoniozzi
Cassiani
Cassiani

La croce
sulla croce,
diceva l'arciprete.
E una croce
sulla croce,
segnavano le donne.
andavano
e venivano.

Foderaro
Antoniozzi
Antoniozzi

È stato
sempre silenzio.
silenzio
duro
della Sila
delle sue nevicate a lutto.

È stato
il pane a credenza
portato
sotto lo scialle
all'altezza del cuore.
Sono stati
i nostri occhi stanchi
guardando
le finestre illuminate
della prefettura.

Carabinieri,
fermatevi.

Guardate,
giratevi
non c'è nemmeno un cane.
Siamo
tutti lontani
latitanti.

Fermatevi.

Restano
gli zapponi
dietro la porta,
icieli,
i vigneti.
La pietra
di sale sulla tavola.

I vecchi
che non si muovono
dalla sedia, soli
con la peronospera nei polmoni.
Le capre
la voce lunga
degli ultimi maiali scannati.
L'argento
a forma a forma di cuore, nella chiesa.
Le ragnatele
dietro i vetri, le madonne.
la ragnatela del Carmine
la ragnatela di Portosalvo
la ragnatela della Quercia

Restano le donne
consumate da nove a nove mesi
con le macchie
della denutrizione
della fame.

Le addolorate
Le pietà di tutti gli ulivi,
Lavando
rattoppando
cucinando su due mattoni
raccogliendo
spine e cicoria.

Cancellateci
dall'esattoria

Dai municipi
dai registri
dai calamai
della nascita.

Levateci
il I giorno di scuola
senza matita
senza quaderno
senza la camicia nuova.

Toglieteci
dalle galere.
Non ubriacateci.
Liberateci
dai coltelli di Gizzeria
dal sangue dei portoni.
Non chiamateci da Scilla
con la leggenda
del sole
del cielo
e del mare.

Siamo
ben legati
a una vita
a una catena di montaggio

Scioglieteci
dai limoni
dai salti
del pescespada.

Allontanateci
da Palmi e da Gioia.

Noi
vivi
Noi
morti
presi
e impiccati
cento volte
ce ne siamo già andati
staccandosi dai rami,
dai manifesti della repubblica.

Di notte
come lupi
come contrabbandieri
come ladri.

Senza un'idea dei giorni
delle ciminiere degli altiforni.
Siamo
in 700 mila
su appena due milioni.
Siamo
i marciapiedi
più affollati.
Siamo
i treni più lunghi.
Siamo
le braccia
le unghie d'Europa.
Il sudore Diesel.
Siamo
il disonore
la vergogna dei governi.

Il Tronco
di quercia bruciata
il monumento al Minatore Ignoto

Siamo
l'odore
di cipolla
che rinnova
le viscere d'Europa

Siamo
un'altra volta
la fantasia
degli dei.
Milioni di macchine
escono targate Magna Grecia.
Noi siamo
le giacche appese
nelle baracche nei pollai d'Europa.

Addio,
terra.
Salutiamo,
è ora.

venerdì 27 febbraio 2009

"Io, uno dei tanti ingannati dalla Calabria"


"EGREGIO direttore, era da diverso tempo che avevo intenzione di scrivere questa lettera ma fino ad oggi ho sempre desistito dal farlo, fino a quando non leggo sul suo giornale che politici più o meno autorevoli del nostro amato Paese si stanno pubblicizzando sulle spalle dei giovani laureati calabresi. Mi riferisco alla polemica sorta tra il senatore Ichino ed il gotha della politica calabrese. Lungi da me voler diventare il moralizzatore della nostra terra ma penso che né il senatore Ichino né altri politicanti possano assurgersi a salvatori della patria quando loro stessi sono il problema. Se c'è qualcuno che può permettersi di dire qualcosa al riguardo sono i giovani calabresi che quotidianamente vengono saccheggiati della loro dignità e del loro valore. Io sono uno di loro. Io sono uno che ha creduto nella Calabria. Io sono uno che ha faticato tanto per raggiungere il traguardo della laurea. Io sono uno che ha investito tutto nella Calabria. Io sono uno dei tanti che è stato ingannato dalla Calabria. Io sono uno che è stato deluso dalla Calabria. Questi politicanti discutono, parlano e fanno finta di litigare sulla nostra pelle, ma il risultano non cambia: la Calabria è e resterà sempre l'ultima.

Ma entriamo in medias res esponendovi il mio caso. Io e mia moglie abbiamo presentato domanda alla RegioneCalabria per partecipare a questo famoso bando dei Voucher. Ebbene: entrambi giovani (28anni), entrambi laureati con 110/110 e lode, entrambi con reddito Isee basso, entrambi con una serie di requisiti che ci collocavano tra le prime posizioni nelle rispettive graduatorie. Ma con nostra grande sorpresa e meraviglia entrambi esclusi dai vincitori. Anzi a dirla tutta mia moglie era stata anche premiata come vincitrice provvisoria, premio successivamente negato grazie ad una magia degli uffici regionali che hanno modificato le regole in corso d'opera. Andiamo alla sede del consiglio regionale, presentiamo regolare ricorso, ma il risultato non cambia. Allora ci rivolgiamo ad un avvocato, presentiamo ricorso al Tar (e solo adesso capisco che cosa significa questa sigla: Tarocchiamo Atti Regionali) ma anche il Tar fa finta di non vedere e non accetta i due ricorsi. Allora sorge spontanea nel lettore una domanda: Perché tutto questo? Perché la Regione tarocca delle graduatorie? Perché anche il Tar fa finta di non leggere le carte? Perché di alcuni accettano documenti palesamenti taroccati allo scanner (sembra di essere nella soap Centovetrine di Canale5) mentre dei nostri non accettano documenti in originale con tanto di marca da bollo? La risposta a tutte queste domande è una sola: in Calabria vige solo una legge, ovvero "la legge dell'Amicizia". L'amicizia nella nostra terra è sacra. Se sei amico di qualcuno, oppure se conosci qualcuno tutte le porte ti verranno aperte. Se invece sei una persona qualunque che ad esempio si alza tutte le mattine alle 6 per andare a lavorare per 30/40 € al giorno senza assicurazione né garanzie per il futuro, una persona che crede in altri principi e valori come l'onestà e la sincerità, oppure se sei uno che crede che le cose vanno meritate col sacrificio e col sudore… e allora la Calabria non fa per te! I latini dicevano “Nemo propheta in patria” ed oggi a distanza di tempo capisco appieno il significato di quelle parole. Avrei tanto altro da dire ma capisco anche che un giornale non può pubblicare tutta la mia rabbia. Chiedo solo a qualche persona di sani principi che opera in Italia di fare un po' di chiarezza su questo scandalo tutto calabrese. Mi appello quindi a qualche autorità affinché riesamini tutta la documentazione e faccia piena chiarezza su una storia alquanto ombrosa".


Dott. Saverio Pometti


(fonte: Il Quotidiano della Calabria del 18/02/2009, pag. 14)

mercoledì 25 febbraio 2009

La morte di Pasolini: una verità a rate

«Pasolini, omicidio politico». La verità a rate di Pino Pelosi: lo scrittore fu massacrato dai fascisti
ROMA. Giuseppe Pelosi, condannato per l’omicidio di Pierpaolo Pasolini fa un ulteriore passo avanti verso la verità sull’ uccisione del poeta.
La notte tra il 1 e il 2 novembre del 1975 erano in 5 a massacrare di botte il saggista che aveva denunciato i retroscena del potere e che stava lavorando al romanzo «Petrolio» dedicato a Eugenio Cefis, indicato come il vero fondatore della P2 e il «grande manovratore» del potere più oscuro. Pelosi non incontrò casualmente il regista quella sera; c’era un appuntamento fissato esattamente una settimana prima.
Pelosi rivela, in una intervista inedita a Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - autori del volume «Profondo nero. Mattei, De Mauro, Pasolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di Stato», appena uscito per Chiarelettere - che tra quei 5 c’erano i due fratelli Borsellino, Franco e Giuseppe, morti da tempo di aids. Il nome dei due non è nuovo. Già una informativa di due mesi dopo il delitto li indicava, assieme ad un terzo, come gli autori del massacro dell’Idroscalo.
Ora Pelosi ne conferma direttamente la responsabilità ed anche il contesto in cui avvenne il pestaggio mortale e dice che sono rimasti nell’ombra gli altri tre (anche se uno potrebbe essere, nonostante le smentite di Pelosi, Giuseppe Mastini, detto Jhonny lo Zingaro), e soprattutto che si trattò di un omicidio politico.
I due Borsellino erano frequentatori della sezione dell’Msi del Tiburtino. «Se tu uccidi in questo modo o sei pazzo o hai una motivazione forte. Se gli assassini sono stati fatti sfuggire alla giustizia per trent’anni, pazzi non sono certamente... avevano una ragione importante per fare quello che hanno fatto. E nessuno li ha mai toccati».
«Quella sera c’erano pure Franco e Giuseppe Borsellino... quei due stavano tramando qualcosa, qualcosa di brutto me ne sono accorto subito, e perciò gli ho detto chiaro che io non volevo partecipare, non ne volevo sapere nulla».
Appena arrivato all’Idroscalo sulla Gt di Pasolini dal buio esce una macchina scura, un 1300 o un 1500 da cui scendono 5 persone. Uno, con la barba sui 40 anni, assesta a Pelosi un cazzotto. Pelosi scappa dopo essere stato minacciato. I 5 tirano fuori Pasolini dalla macchina e iniziano il pestaggio. Gli dicevano «sporco comunista, frocio, carogna». Pelosi si riavvicina quando tutto è finito. Il problema, quindi, sono gli altri tre, quelli mai individuati. I Borsellino - dice Pelosi - erano «diventati fascisti, andavano a fare politica».
Pelosi conferma di aver avuto nel tempo minacce «vere e proprie», inviti a tacere. Quella data a Pasolini fu una lezione, una punizione, «forse dovuta al partito o alla politica. Pasolini stava sul cacchio a qualcuno». Alla fine «ho pagato solo io» spiega Pelosi che rivela un’altra novità. La scelta di accollarsi tutta la storia, di ridurre tutto «a un fatto di froci» gli venne suggerita dal suo avvocato.
(fonte: Il Tirreno del 25 febbraio 2009)

giovedì 29 gennaio 2009

Un uomo di Calabria...


Ci sono infiniti modi di testimoniare una vita, di ricordare un uomo; l'esistenza può assumere molteplici forme, ma la verità è sempre unica.

Così, abbiamo scelto di raccontare un uomo di Calabria, un uomo nato povero e diventato grande nella semplicità, abbiamo scelto di raccontare la sua verità: canzoni, storie, che parlano d'amore, di nostalgia, di emigrazione, di Calabria.


Un'anima calabrese che ha cantato per la sua gente e per la sua terra, una voce che ha vibrato per noi!

Grazie per averci portato nel cuore!

Grazie, Mino!

(Eu pregu notte e jornu
lu Signuri
ca tutti i figghji toi hannu turnari
'u sannu ca tu si' malata 'i cori
'u sannu ca accussì nun poi campari)...

Calabria mia,
li megghju figghji si 'ndi jiru fora
pè fà fortuna câ catina o pedi
e tu restasti 'nta sti quattru mura.
Calabria mia!

Calabria mia,
cà si siccaru puru li fjumarie
rimaniru sulu chjanti è fjuri,
lu nostru chjantu va à finiri à mari.
Calabria mia!

Calabria mia,
simu malati d’amuri,
simu malati.
Comu sti mandulini e sti chitarri
chjangi stu cori di nostalgia,
chjangi pè tia Calabria mia.

A mamma, a mamma prega sempre a Madonna
ca voli li so' figghji ntâ so' terra.
E prega, e prega, e u cori chjangi è affanna,
ma si c'è lavoru cà ssu figghju torna.
Calabria mia,
simu malati d’amuri,simu malati.
Comu sti mandulini e sti chitarri
chjangi stu cori di nostalgia,
chjangi pè tia Calabria mia.

Eh, chiagne sempre stu core
chiagne sempre de nostalgia.

"Sì, mamma, stongo qua luntano ma
te scrivo questa lettera che...
pe' ditte: qua stongo bene, staio bene,
E ce so' tutti i tuoi paisani qua,
siamo sempre uniti, mamma.

Ca' é bello ma stongo luntano
e tegno nostalgia mamma,
e chiagne sempre stu core
e chiagne sempre mamma,
chiagne sempre di nostalgia.
Oh mamma mia!
Ehi paisá, paisá, paisà...
Calabria mia!

venerdì 26 dicembre 2008

"Nocera Terinese. La storia è per pochi", di Raffaele Spada

NOCERA TERINESE - Ancora interrogativi sui ritrovamenti archeologici in località Timpa delle Vigne, da parte di uno storico e scrittore come Armando Orlando, il quale sollecita la Soprintendenza a sciogliere il silenzio su Nocera e su Terina. La notizia del ritrovamento di una tomba e di uno scheletro senza cranio, forse di un guerriero decapitato, come anticipato dal Quotidiano, nonché di un grosso medaglione e di altri reperti archeologici risalenti presumibilmente al IV-V secolo A.C., rinvenuti in località Timpa delle Vigne, nei pressi del fiume Grande e del torrente Sciabica, durante i lavori di ammodernamento del tratto autostradale tra gli svincoli di San Mango d'Aquino e di Falerna, ripropone la ricerca del sito dell'antica città magnogreca di Terina, condensata nel libro “Terina Temesa Nucria” di Adriano Macchione. Della necropoli in località Fabiano, poco più a nord diTimpa delle Vigne, secondo testimonianze del 1829 (l'essersi ritrovato nel cosi detto Piano di Fabiano un vasto e antichissimo cimitero, e moltissimi sepolcri particolari…); del sepolcro scoperto il 1970 in una campagna di S. Aloi (vicino Fabiano) e distrutto nel corso dei lavori di scavo, ad eccezione di una lucerna; delle tracce di un antico acquedotto affiorate lungo la vallata destra del fiume Casale, per portare l'acqua sul Piano di Tirena. Lo storico e scrittore Armando Orlando interviene così sulla presunta tomba del IV-V secolo a.C., rinvenuta in un territorio compreso tra gli svincoli autostradali di Falerna e San Mango, all'interno del quale il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio ed il Ministero per i Beni e le Attività culturali collocano «l'area archeologica di Terina, in Comune di Nocera Terinese, sottoposta a vincolo diretto e indiretto ai sensi della legge sulla tutela delle cose d'interesse artistico o storico ». «Ci hanno detto che Terina non è più nel territorio di Nocera Terinese, ma nella piana di Sant'Eufemia, che Mamertum non è più a Martirano ma ad Oppido Mamertina e che la mitica città fondata da Cleta non è più sul territorio di Cleto ma di Caulonia, come cittadino calabrese e come studioso sono consapevole che è difficile stabilire delle certezze, osserva ancora Orlando, perché allora provvedimenti ministeriali del 2002 parlano di “area archeologica di Terina nel comune di Nocera Terinese” ed invece un cartello stradale indica gli scavi archeologici di Terina lungo un rettifilo di Sant'Eufemia? In base a quali elementi si indica il sito di Sant'Eufemia Vetere e non più il Piano della Tirena?» Ed ancora. «Secondo la professoressa Giovanna De Sensi Sestito tutti i ripostigli dell'area di Sant'Eufemia hanno restituito monete di Terina più di ogni altro posto della Calabria, mentre Adriano Macchione scrive che nei ritrovamenti di monete nell'area di Sant'Eufemia la grande assente è proprio Terina, sottolinea Orlando, tutto ciò si verifica pure con il deposito del 1974, scoperto addirittura in località Iardini di Renda, nelle vicinanze del sito lametino ritenuto come quello in cui sorgeva Terina». Insomma gli chiediamo coma fa il cittadino, il turista, il visitatore a districarsi inquesto ginepraio a cui manca la versione ufficiale e definitiva, che dicono non arriva perché mancano i fondi necessari per ulteriori scavi? «Scegliere fra una tesi e l'altra non è agevole, restano però i ritrovamenti, gli indizi; ed è di questo bisogna parlare sui giornali, nei dibattiti, negli incontri pubblici, risponde Orlando, bisogna insistere presso la Soprintendenza e presso il Ministero dei beni archeologici, bisogna parlare di ciò che viene alla luce, perché solo così si prosegue il cammino lungo la strada che porta alla verità, e come dicono gli studiosi, la “prova definitiva” non c'è ancora». Secondo Orlando oggi questo cammino ci conduce sul Piano di Tirena, perché questa strada è indicata dalla storia, dai libri antichi, dalle mura, dagli acquedotti, dal passaggio della Via Popilia. Domani vedremo. Le domande non finiscono mai, ed Orlando si chiede ancora che fine faranno la tomba e gli altri reperti archeologici rinvenuti pochi giorni addietro nel corso dei lavori di ammodernamento dell'autostrada? Tutti, a questo punto, siaugurano «un intervento più deciso, e non burocratico, da parte degli amministratori locali».


(fonte: Il Quotidiano della Calabria, 21/12/2008)

domenica 7 dicembre 2008

La Calabria di Enzo Siciliano: Feroleto, Bisignano, Falerna...


A due anni dalla scomparsa, ricordiamo lo scrittore Enzo Siciliano, figlio di Calabria, uomo ed italiano illustre, pubblicando un articolo, apparso su "La Gazzetta del Sud" del 11 luglio 1996.

lunedì 17 novembre 2008

"La storia di Falerna e il fascino della ricerca" di V. Pontieri



"Tutto iniziò nel Seicento… Anzi, nel 1986, anno di pubblicazione di Castiglione e Falerna, ad opera di Armando Orlando e Giovanni Nicastri, prima opera completa e sistematica sulle origini e sulla storia del comune tirrenico. Su Castiglione, sulla sua ascendenza normanna non vi sono mai stati dubbi; sulle parallele vicende di Falerna, invece, negli anni a seguire si è registrato un crescendo d’interesse, condito da pubblicazioni, supposizioni, approfondimenti, promossi da studiosi e da appassionati. Il risultato? Un ventennio di ipotesi e ricerche, le più varie, tutte orientate ad aggiungere elementi di novità oppure a dimostrare personali teorie, più o meno avvalorate da dati oggettivi. Ultima in ordine di tempo è stata la tesi di laurea, discussa all’Unical dalla falernese Tommasina Stella. In precedenza, avevano ottenuto grande risalto e dignità storica, grazie allo scrupolo metodologico ed alla capacità di contestualizzazione, i saggi di Armido Cario sul sorgere e sull’evoluzione della società falernese, arricchiti da un recente commento al Catasto Onciario, da qualche mese disponibile on line. E poi, vi sono le personali indagini di Mario Folino Gallo, deus ex machina del citato Catasto, padre di alcune, personali ipotesi sull’origine bizantina, normanna o, comunque, anteriore al Concilio di Trento dell’attuale centro abitato di Falerna.
A distanza di vent’anni, facciamo il punto sui risultati finora ottenuti dalla ricerca storica, affidandoci all’autorevole Armando Orlando, principale artefice del libro da cui tutto nacque.

Orlando, in quale documento scritto appare, per la prima volta, il nome di Falerna?
«Il primo riferimento storico su Falerna, fino ad oggi conosciuto, è un Regesto Vaticano del novembre 1606, ripreso da padre F. Russo nelle sue opere, in cui è citata “la Chiesa di S. Maria in Falerna”. Nessuna indagine, dal 1986 ad oggi, ha portato alla luce atti o documenti di data anteriore».
Recentemente, è stato restituito alla collettività il Catasto Onciario del 1752, che contiene un’interessante fotografia della Falerna del XVIII secolo. Vi sono tracce di Falerna nei catasti e nei censimenti dei secoli precedenti?
«Decisamente no. Nei Registri Angioini del 1276 non c’è traccia né di Falerna né di toponimi ad essa riconducibili, mentre sono presenti le vicine località di “Martoranum, Amanthea, Petramala, Castellionum, Nucera, Feroletum, Neocastrum” ed altri. Falerna compare per la prima volta nella “numerazione dei fuochi” delle province meridionali nel 1648 con 32 fuochi».

Tuttavia, per la ricostruzione dei secoli passati occorre riferirsi, anche e soprattutto, ai registri ecclesiastici…
«Anche questi non mancano: in alcuni Regesti Vaticani del Trecento sono menzionate sia le località della diocesi (“Amanteae, Castellioni, Petremale, Augelli, Fluminis Frigidi”), sia i comuni (“Amanteae, Fluminis Frigidi, Agelli, casalis Nucerie, Petremale”). Falerna non figura né come luogo religioso né come Comune».

Sarebbe a dire che la tesi avanzata in “Castiglione e Falerna” è, ancora, l’unica credibile?
«Le carte non hanno bisogno di ipotesi, mentre le ipotesi non possono fare a meno delle carte, perché solo le carte sono in grado di dimostrarle, di spingerle al salto di qualità. Nei Registri per il Relevio, la tassa feudale di successione, Falerna figura per la prima volta nel 1636, sotto il possesso di Cornelia d’Aquino, assieme a Conflenti, Castiglione, Serrastretta, Martirano, Motta S. Lucia, Nicastro, Zangarona. Negli stessi Registri, invece, Martirano e Motta S. Lucia figurano già nel 1578, Castiglione e Conflenti nel 1589, Nicastro e Serrastretta nel 1596, Zangarona nel 1619. Solo nell’anno 1647, i Registri annotano la tassa di successione, da Cornelia a Giovanna d’Aquino, pure per Falerna».
E dell’ipotesi sulla fondazione anteriore al Concilio di Trento che ne pensa?
«Il vescovo Domenico Taccone Gallucci, autore di una monografia della diocesi di Tropea pubblicata nel 1904, scrive che “tutte le Parrocchie della Forania di Nocera sono d’instituzione anteriore al Concilio Tridentino, compresa quella di Falconara”, ma qualche rigo dopo aggiunge testualmente: “più recenti sono le Parrocchie di Falerna e di S. Mango”. E siccome la parrocchia di S. Mango risulta fondata nel 1648, si ritiene che anche quella di Falerna sia più recente rispetto al Concilio di Trento che, com’è noto, si è protratto dal 1545 al 1563»".

(fonte: "Calabria Ora" del 14/11/2008)

mercoledì 29 ottobre 2008

"Ottobre piovono libri... anche a San Mango" di G. B. Caravia


"Le manifestazioni del 25 e 26 ottobre 2008 hanno avuto ampia diffusione e sono state pubblicizzate attraverso i seguenti organi di comunicazione: il Quotidiano del 18/09/2008 e del 24/10/2008 Gazzetta del Sud – quotidiano della Calabria – del 15/10/2008 il Domani del 19/10/2008 e del 25/10/2008 CalabriaOra del 25/10/2008, i siti web: http://www.comunedisanmangodaquino.it/, http://www.sanmango.org/, http://www.sanmangomia.it/, http://www.storiacalabria.blogspot.com/, http://www.eventiesagre.it/, http://www.calabrianew.net/, http://www.comunitalia.eu/, http://www.geosearch.it/, nonché attraverso inviti, depliant pieghevole a tre ante, manifesti e locandine.


La manifestazione ha avuto a disposizione 90 titoli, per un totale complessivo di n. 653 libri, di cui: n. 180 nella disponibilità del Comune, n. 110 ricevuti in omaggio da Rubbettino Editore di Soveria Mannelli, n. 80 ricevuti in omaggio dall’associazione Valle del Savuto, n. 283 acquistati per l’occasione. I libri sono stati così utilizzati: Fiabe racconti e libri, per alunni scuola infanzia, elementare e media n. 168; Biblioteca comunale n°78; Casa Culture San Mango d’Aquino n. 7; Fondazione Corrado Alvaro di San Luca (RC) n. 7; a disposizione dei consiglieri comunali n. 24; campagna “Un libro per famiglia” n. 273; volumi distribuiti domenica sera al termine della manifestazione n. 50; tornati nella disponibilità del Comune n. 46.


Nella mattinata di domenica 26 ottobre hanno ritirato libri in omaggio dal Gazebo “Ottobre piovono libri” 179 nuclei familiari. Alle manifestazioni sono stati presenti gli autori di libri: Armido Cario, Adriano Macchione ed Armando Orlando e la Casa Editrice per l’infanzia “Coccole e Caccole” di Belvedere Marittimo.


Si sono esibiti i musicisti: Lucia Morello (voce), Annamaria Samà (pianoforte), Giuseppe Ponzo (organetto, armonica, chitarra, tamburelli), Ivano Biscardi (fisarmonica), Danilo Guido (sassofono). L’attrice Francesca Marchese ha letto brani di fiabe, poesie e brani di autori locali. Il Teatro dell’Acquario – Teatro Stabile dell’Innovazione della Calabria – con la partecipazione dell’attrice Paola Scialis, ha mandato in scena: “La Principessa Audace”, fiaba popolare calabrese, racconto per parole, pupazzi ed ombre".






(tratto da http://www.sanmango.org/, archivio notizie, 27/10/2008)

sabato 18 ottobre 2008

"Il settecento illuminista in Calabria" di Giulia Fresca

«IL SETTECENTO è sovente indicato come il secolo caratterizzato da almeno tre rivoluzioni che hanno trasformato profondamente la storia dell'umanità: una culturale (l'Illuminismo), una politica (quella francese) ed una economica (con la quale è nata l'industria moderna).
Ancora più spesso però è facile soffermarsi su quanto è accaduto in Europa ed in Italia, raramente si analizza la situazione napoletana, quasi mai quella del “profondo” Sud. In particolare la Calabria. È ormai quasi un dato di fatto che il movimento Illuministico del '700 - sotto il vicereame austriaco (1707-1734) e poi sotto quello borbonico - doveva attirare e interessare i letterati calabresi amanti di novità e desiderosi di rinnovamento, e sebbene lo scopo principale degli Illuministi fosse quello di illuminare ed ammaestrare le masse, in Calabria questo
nonavvenne. Infatti, il sapere e la scienza restarono prerogative di pochi eletti con una cultura di elite a discapito delle masse popolari analfabete che, con la loro grossolana ignoranza seguirono inerti e passive sia gli avvenimenti politici che quelli culturali. A voler dare una lettura diversa agli accadimenti che hanno interessato questa regione, sono stati Armando Orlando ed Armido Cario con il volume “La Calabria del Settecento” (Calabria Letteraria Editrice) attraverso una analisi accurata partendo dai documenti: una serie di articoli pubblicati su "Calabria Letteraria", la rivista di cultura e arte fondata da Emilio Frangella nel 1952.
Un saggio di pregevole valenza storica che ripercorre le azioni dinamiche che hanno portato non solo alle rivoluzioni note, ma a ben altre rivoluzioni, sebbene meno conosciute che hanno interessato la Calabria nell'arco di un secolo. La testimonianza di Giacomo Casanova che nel 1743 si trovò a percorrere un viaggio da Cosenza a Martirano, offre al saggio dei due studiosi, l’immagine di una terra emarginata e stanca, abbandonata al suo destino nella quale era raro trovare gente colta e dove lo stesso olio, vera ricchezza del tempo era di pessima fattura tanto da servire alla lubrificazione delle macchine inglesi o di altre nazioni europee.
La mancanza dell’interesse da parte delle famiglie nobiliari e dell’alta borghesia che in altre regioni contribuì a creare sviluppo, comporto, al contrario una “mancanza di sviluppo anche, per esempio, in merito alle nuove tecniche della lavorazione della seta che non arrivarono mai nella nostra regione dove era già radicata la coltura del baco.
Il terremoto del 1638 e quello successivo del 1783 diventano dunque per Armando Orlando ed Armido Cario i punti di riferimento ideali entro i quali fare scorrere le vicende di una terra che è fatta da uomini mossi a piacimento da governanti nello spirito di spartizione e strategie internazionali. «La Calabria laboratorio politico ed il terremoto occasione di mutamento. Ma quali classi si avvantaggiarono degli eventi? E fino a che punto le aspirazioni dei ceti popolari e contadini furono realizzate»?
Domande che trovano risposta nella ricerca minuziosa dei saggisti ma che rimandano ad un quesito ben più inquietante: cosa sarebbe stata oggi la Calabria se essa avesse vissuto un Settecento al passo dei tempi?
«Nel 1798 una relazione da Nicastro del nobile diplomatico tedesco Federico Leopoldo von Stolberg ricorda “le penose carestie, le stentate ricolte, che han tenuto quella popolazione e la tengono tuttavia”. Nel frattempo Napoleone ha concluso la sua prima campagna in Italia, al nord della penisola è stata proclamata la Repubblica Cispadana, il Congresso di Reggio Emilia ha adottato il Tricolore e a Roma è stata proclamata la Repubblica. Nel Sud, regnano ancora i Borbone, ma il conto alla rovescia sta per iniziare…»
(fonte: Il Quotidiano della Calabria del 6 ottobre 2006, rubrica "Libri e letture").

"Ottobre, piovono libri"... anche a San Mango d'Aquino

Dal 1° ottobre torna l’epidemia positiva di Ottobre, piovono libri che per il terzo anno consecutivo contagia il Paese, con oltre 1.000 adesioni (contro le 260 del 2006 e le 500 del 2007), in circa 650 “luoghi della lettura”, da Aosta a Quartucciu, da Luserna a Pantelleria, da Cortina d’Ampezzo a Ostuni, per oltre 1.350 eventi tutti da sfogliare.

Anche "La Calabria del Settecento" aderisce a Ottobre, piovono libri, la campagna di promozione della lettura, che per un mese trasforma l’Italia in un Paese dove il libro è protagonista con oltre 1.350 iniziative distribuite in tutto il territorio. La manifestazione avrà luogo il 25 e 26 ottobre a San Mango d'Aquino: nella giornata di domenica, gli autori allestiranno un gazebo sul corso principale del paese, al fine di distribuire gratuitamente una copia del libro per famiglia. Clicca qui per scaricare la locandina ed il calendario degli eventi.

Il piccolo comune del Savuto abbraccia, quindi, la campagna "promossa dal Centro per il Libro e della Lettura della Direzione Generale per i Beni Librari, gli Istituti Culturali ed il Diritto d’Autore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in stretta sinergia con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, con l’Unione delle Province d’Italia e con l’Associazione Nazionale Comuni Italiani: un progetto innovativo per dare visibilità e consolidare il network di soggetti e iniziative che quotidianamente si impegnano per promuovere il libro quale strumento fondamentale di arricchimento personale, presenza familiare, utile e stimolante. Paesi piccolissimi e grandi città, istituzioni centrali e piccole esperienze associative e periferiche, sull’intera carta geografica del nostro Paese, da Nord a Sud, ospitano e danno vita ad una pioggia di occasioni per diffondere la passione per la lettura progettate e realizzate da enti locali, biblioteche statali, civiche, scolastiche, università, scuole, asili, librerie, associazioni e istituti culturali, accademie, centri per anziani, editori, circoli culturali e di lettura, festival e fondazioni, ospedali, case circondariali, comunità montane, enoteche, radio, riviste"...

lunedì 15 settembre 2008

"Cleto, proposto un centro studi sullo spopolamento calabrese" di Giulia Fresca


«È partita da Cleto, in occasione della serata di chiusura di Cletarte 2008, la proposta per la creazione di un di un Centro Studi sul fenomeno dello spopolamento dei paesi calabresi. A lanciarla lo storico Francesco Volpe, ed immediatamente accolta dai relatori intervenuti, Armando Orlando, Armido Cario, Franco Pedatella e dal presidente dell’Associazione Cletarte, Gaetano Cuglietta. La proposta, scaturita al termine dell’incontro sul tema “Emigrazione e spopolamento dei piccoli centri storici” è stata rivolta ufficialmente al professore Vito Teti quale attento analizzatore della realtà calabrese, riportata anche nel suo libro “Il senso dei luoghi”. Partendo dalle ricerche storiche, Armando Orlando è risalito all’alba del 12 ottobre 1492 quando, «fra i 26 uomini della Pinta di Cristoforo Colombo, c’era, un marinaio di nome Antòn Calabrès, originario di Amantea o di paese vicino. Calabrès rappresenta il primo vero emigrato calabrese nel nuovo continente. Da allora l’emigrazione non si è più fermata, e persino nella Costantinopoli occupata dai Turchi cominciò a popolarsi un quartiere di fuggiaschi che sarà denominato “Calabria Nuova”». Secondo Armido Cario «lo spopolamento è figlio di un disagio ed alimento delle dinamiche migratorie. Deve essere dunque rapportato a dinamiche di sistema, soprattutto politiche: in una prospettiva olistica, i piccoli comuni vanno considerati come parte di un tutto. Un'indagine seria presuppone, perciò, lo studio di tutte le variabili concorrenti. La tendenza è di confondere il problema con la causa: si imputa al problema della ridotta dimensione demografica della stragrande maggioranza dei Comuni, l'origine delle inefficienze, degli sprechi e, talvolta, dei costi della politica. Tuttavia, per cambiare bisogna avere idee e per realizzare le idee non servono solo soldi ma occorrono uomini». Da qui l’idea del “ritorno” e della proposta a Vito Teti. «Metteremo il massimo impegno per rendere concreta la proposta per la creazione di un centro studi sul fenomeno dello spopolamento dei paesi calabresi qui a Cleto- ha detto Gaetano Cuglietta- e siamo sicuri che Vito Teti, saprà raccogliere studiosi e soprattutto idee affinché questi luoghi, che si pensa non abbiano un senso, possano ritornare ad averlo: un senso per sentirli, un senso per capirli, un senso per percorrerli, che è quello doppio del partire e del tornare».


(pubblicato da "Il Quotidiano della Calabria" del 4 settembre 2008)

sabato 19 aprile 2008

17 marzo 2008, incontro culturale al Rotary Club del Reventino



«Si è tenuto a Falerna un incontro sul tema “La Calabria del Settecento” organizzato dal Rotary Club del Reventino presieduto da Cristina Murone. Armando Orlando ed Armido Cario, in un qualificato pamphlet dal titolo inequivocabile “La Calabria del Settecento” edito da Calabria Letteraria, offrono un’accurata disamina sugli accadimenti più interessanti che hanno caratterizzato un secolo, durante il quale notevoli e molteplici sono stati i mutamenti economici, politici e sociali anche nella nostra regione. Gli autori pongono l’attenzione sul “valore intrinseco” e sulle ripercussioni storiche determinatesi nel “contesto amministrativo “e negli stili di vita dei Calabresi del Settecento, dove purtroppo, l’illuminismo arrivò con poca convinzione”.
Frutto di una serie di articoli, in un arco temporale abbastanza ampio sulla rivista “Calabria Letteraria”, si guarda al Settecento come spartiacque, secolo ricco di contraddizione fra medioevo e età moderna.
La riflessione inserisce la nostra regione in un contesto più ampio anche estero (l’ammutinamento del Bounty), crea un’interazione tra terremoto e teoria dei buchi neri, la nascita e l’arrivo della massoneria, e poi ancora l’arrivo delle uova di Pasqua di cioccolata.
Ma anche nelle altre parti d’Italia si avverte fortemente il cambiamento: l’arrivo della luce a Milano, il battello a vapore, una vera e propria rivoluzione dei trasporti.
Nel Nord Italia i nobili utilizzavano i fondi e le cascine per lucrare, ma anche le invenzioni per incentivare lo sviluppo. Il Settecento nel Regno di Napoli era oberato da dazi e tasse, le merci dalla Calabria a Napoli soffrivano di ben 40 richieste di dazio. Nel Settecento le famiglie nobiliari calabresi si trasferirono in gran parte a Napoli. Ma la regione subì una mancanza di sviluppo anche, per esempio, in merito alle nuove tecniche della lavorazione della seta che non arrivarono mai nella nostra regione dove era già radicata la coltura del baco, soprattutto a Catanzaro L’olio calabrese, all’epoca di pessima fattura, serviva a lubrificare le macchine inglesi o di altre nazioni europee. Ma c’erano momenti, sia pur isolati, di qualificato sviluppo del territorio, per esempio la produzione di liquirizia della Amarelli avviata nella prima metà del Settecento, ma anche l’arrivo della prima industria siderurgica del meridione realizzata appunto in Calabria.
Ma il vero e proprio gap fu la mancanza di uno sviluppo globale: in altre regioni la borghesia ha creato sviluppo, ma anche le famiglie nobiliari in Nord Italia si privarono di pennacchio e si misero a disposizione di un processo che traendo risorse anche dal latifondo, seppero valorizzare il lavoro dei campi.
Il Settecento in Calabria si contraddistingue per la crescita demografica dopo il terremoto del 1638 e varie pestilenze, ma il sisma ritorna nel 1783 con uno sciame di centinaia di scosse per almeno due anni che provocarono in tutto oltre 30 mila morti.
Per gli autori, comunque, la storia è fatta dagli uomini, anche se la Calabria è solo pedina in uno scacchiere internazionale.
Cambia comunque il rapporto col territorio da sistema del latifondo a cultura intensiva, ma anche importanti mutamenti industriali, con i circuiti estrattivi di Stilo, di Mongiana e la Ferdinandea.
Nel Settecento la Calabria è anche scoperta dai viaggiatori, oltre al Galanti, inviato dal re che scrisse una cronaca, lo stesso Casanova, che lamentava l’arretratezza delle popolazioni, ma importanti problemi di spostamento erano legati già allora alla viabilità per l’asprezza orografica del territorio».




(pubblicato dal quotidiano "La Gazzetta del Sud" del 21 marzo 2008)

Falerna, 2 febbraio 2008: "Incontro con autori falernesi"


«Un incontro con giovani autori falernesi è stato uno degli appuntamenti culturali certo non numerosi nella cittadina tirrenica. Con il sostegno dell'amministrazione municipale al Centro polifunzionale di Falerna Superiore Armando Orlando e Armido Cario, Giuseppe Stella, Michele Menniti hanno incontrato il pubblico per parlare delle loro opere. Tre opere che s'interessano di campi ben diversi, storia, poesia, informatica, dimostrando ancora una volta che la nascita in un piccolo centro di provincia non preclude la possibilità di seguire esaltanti "percorsi culturali e sociali". Nel suo breve intervento di saluto il sindaco, Daniele Menniti, ha rimarcato che, se cinquant'anni fa era difficile trovare in un paesino persone con un certo titolo di studio, oggi sono ancora pochi quelli che offrono nuove idee. «Avere tre persone giovani che siano andate al di là della normalità ci riempie di orgoglio», ha dichiarato. Il suo vice, Michele Belsito, ha espresso soddisfazione per un appuntamento culturale che «dimostra che a Falerna c'è gente che studia». Armido Cario, coautore con Armando Orlando della pubblicazione "La Calabria del Settecento", ha spiegato le ragioni che l'anno spinto a interessarsi di un secolo che ha cambiato il mondo, nella convinzione che «occuparsi della Calabria significa avere consapevolezza storica del proprio essere calabrese». Cario s'è soffermato, tra l'altro, sulla crescita demografica calabrese nel Settecento con la conseguenza della distruzione di intere aree boschive attraverso incendi ("cesine" in dialetto) per reperire nuovi terreni da coltivare. In proposito è il caso di rilevare come la storia oggi si ripeta: gli incendi boschivi estivi dei nostri giorni, sebbene con motivazioni diverse, continuano a depauperare il patrimonio naturale della nostra regione con serie conseguenze a livello idrogeologico. Per Falerna, nata da un casale come "costola" di Castiglione Marittimo, il Settecento segnò la fine del dominio della nobile famiglia D'Aquino. Cario ha evidenziato come nel paese poi si siano «covate idee liberali». Armando Orlando ha parlato della massoneria, di cui facevano parte "spiriti liberi". Le idee massoniche sarebbero state portate in Calabria dagli esuli tornati al seguito delle truppe napoleoniche, dagli studenti universitari. «Dobbiamo molto alla massoneria -ha affermato Orlando- perché ha consentito di manifestare liberamente le proprie idee. I calabresi non hanno avuto istituzioni capaci di formare uomini liberi. Ma la responsabilità dell'arretratezza è degli uomini, non delle istituzioni. Luomo deve sentire dentro di sé la volontà di cambiare». E' toccato successivamente a Giuseppe Stella d'intervenire sulla sua raccolta di poesie, dal titolo "Dillo con le mie parole". Poesie in cui è prevalente l'amore per la donna, non intesa come "oggetto", ma da contemplare. «Amarla significa -ha detto- affrontare la vita in modo stimolante». Stella attribuisce l'origine della sua vena poetica al rispetto che nutre nei confronti della donna. La cui bellezza non sta solo nelle "curve", ma anche in altro, di certo più importante, che il tempo non porta via. Per lui la donna è «una persona con cui condividere momenti, emozioni, desideri». Nelle sue poesie prevale, come accennato, l'amore. Ma non mancano quelle sulla follia della guerra ("Povero illuso chi in essa crede di trovar la pace vera dei propri ideali"); sulla magia della natura, del creato ("Non c'è traccia di nuvole. Eppure nevica"); sull'essenza della vita ("La vita è un mistero. La vita è fede in se stessi. Mai perderla!"); su ciò che si apprezza solo quando si perde, sull'addio ai commilitoni ("Nella camerata sembrava di essere della stessa famiglia"). E ancora sulla dipartita del vecchio papà, sulla violenza della caccia, sull'amore verso il paese natio, su caduti di Nassiriya. A conclusione dell'incontro Michele Menniti ha illustrato le sue due opere: "Corso di Office XP/2003" e "Corso d'informatica". Con esse l'autore «consentirà a molti di avvicinarsi all'informatica» ha chiosato il sindaco. Entrambe sarebbero scaturite da «una dispensa creata per un corso». L'idea poi si sarebbe sviluppata con "un filo logico". E' superfluo sottolineare che si tratta di pubblicazioni destinate in particolare a quanti per svariate ragioni si accostano al mondo dell'informatica. L'evento culturale di Falerna Superiore forse avrebbe meritato una maggiore presenza di pubblico».
(fonte: "La Gazzetta del Sud")