"Sant'Angelo non era l'antico nome di Falerna" |
"La tesi sostenuta da Mario Folino Gallo sulle origini di Falerna capoluogo nell'opera "Monografia di Falerna e Castiglione Marittimo" ha dato fuoco alle polveri di un dibattito fra appassionati di storia locale.
Nel suo volume lo storico locale Folino Gallo in sostanza asserisce che un documento notarile e atti vaticani del XVI secolo inducano a ipotizzare che anteriormente al 1626 (data di acquisita autonomia da Castiglione Marittimo, del quale in precedenza era un casale) l'abitato di Falerna si chiamasse Sant'Angelo. Nome che poi sarebbe stato cambiato dai D'Aquino, in una fase di riorganizzazione dei loro feudi.
«Nulla di più falso sotto il profilo storico: non vi sono, infatti, fonti primarie né secondarie che lo attestino», afferma Armido Cario, altro cultore di storia locale. Per il quale «l'equivoco fu alimentato dall'errata interpretazione di un atto notarile, in cui l'ufficiale parla di due lati del castello, uno verso Santa Maria, l'altro verso Sant'Angelo: due semplici luoghi, strade».
Per Cario «di questo Sant'Angelo non si trovano riscontri in fonti religiose, atti fiscali o amministrativi dell'epoca, oltre che anteriori e posteriori». E ribadisce: «La teoria che Falerna sia esistita prima del Seicento e che si chiamasse Sant'Angelo, in apparenza suggestiva, si è rivelata bugiarda. L'ipotesi di Sant'Angelo», spiega lo storico locale, «è stata costruita intorno a un atto notarile del 24 aprile 1585, stipulato per conto di Cesare d'Aquino, conte di Martirano. Oggetto dell'atto è il conferimento di alcuni lavori di muratura e di manufatti nel castello di "detto Signor Conte". Nel documento si fa riferimento a Castiglione per il trasporto delle pietre e per il luogo di stipula. Si citano alcune "carcare". Si richiamano territori sotto l'influenza di Martirano come San Mazzeo e Motta Santa Lucia, in cui il "mastro" aveva diritto di far legname.
E proprio dal notaio di Motta, Sallustio Perri, fu redatto lo strumento originario, in cui i lavori venivano commissionati a Martino Ortale. Nell'atto in questione, invece, tali opere vengono affidate a Giovanni Gallo di Paterno, residente a Castiglione. Nel rogito, prosegue Cario, si parla di lati del castello che guardano a Santa Maria e a Sant'Angelo: due semplici riferimenti territoriali, luoghi, vie, ma non certamente villaggi o paesi.
Stella polare degli storici sono le fonti documentali: dai Registri della Cancelleria Angioina fino ai rogiti notarili del XVI secolo non v'è traccia di Falerna né di toponimi ad essa riconducibili. Neppure nella Platea generale della diocesi di Tropea del 1494 e nella relazione ad limina del vescovo Calvi del 1596. Barrio, nel 1571 autore della prima storia della Calabria, e Marafioti nelle Croniche del 1596 confermano l'inesistenza di Falerna.
Falerna, accompagnata dall'attributo di "casale" (agglomerato di case rurali) fino a tutto il XVIII secolo, è attestata, per la prima volta, osserva Cario, in un atto religioso della prima metà del Seicento, che ne rivela la nascita e la ridotta consistenza. Il presunto Sant'Angelo falernese non risulta in atti di natura religiosa, amministrativa e fiscale né anteriori né successivi al 1585. Nessun riferimento al toponimo nemmeno nei Catasti onciari, interamente acquistati con contributo del comune di Falerna e disponibili on line.
Esiste, invece, una località denominata Sant'Angelo in territorio di Scigliano, censita nei Registri angioini del 1276, che è collocata nella valle prospiciente al castello martiranese, dove sorge il ponte romano di Annibale. Ne esiste un'altra nel comune di Gerocarne, con un'antica storia di autonomia. Ingannevole, conclude Cario, è l'accostamento del Sant'Angelo in questione con la terra di Sant'Angelo, luogo religioso storicamente esistito nei pressi di Tropea, oggi in territorio di Drapia.
Cario afferma: «Folino Gallo, nella sua monografia attribuisce a Falerna proprio i brevi vaticani, relativi a Sant'Angelo di Tropea. Peccato che si trovi a 90 km da Falerna!». Insomma si tratterebbe di un abbaglio che, sottolinea Cario, «potrebbe produrre un danno culturale soprattutto in chi non ha gli opportuni strumenti critici per valutare, a meno che non intervenga una decisa smentita»."
Nel suo volume lo storico locale Folino Gallo in sostanza asserisce che un documento notarile e atti vaticani del XVI secolo inducano a ipotizzare che anteriormente al 1626 (data di acquisita autonomia da Castiglione Marittimo, del quale in precedenza era un casale) l'abitato di Falerna si chiamasse Sant'Angelo. Nome che poi sarebbe stato cambiato dai D'Aquino, in una fase di riorganizzazione dei loro feudi.
«Nulla di più falso sotto il profilo storico: non vi sono, infatti, fonti primarie né secondarie che lo attestino», afferma Armido Cario, altro cultore di storia locale. Per il quale «l'equivoco fu alimentato dall'errata interpretazione di un atto notarile, in cui l'ufficiale parla di due lati del castello, uno verso Santa Maria, l'altro verso Sant'Angelo: due semplici luoghi, strade».
Per Cario «di questo Sant'Angelo non si trovano riscontri in fonti religiose, atti fiscali o amministrativi dell'epoca, oltre che anteriori e posteriori». E ribadisce: «La teoria che Falerna sia esistita prima del Seicento e che si chiamasse Sant'Angelo, in apparenza suggestiva, si è rivelata bugiarda. L'ipotesi di Sant'Angelo», spiega lo storico locale, «è stata costruita intorno a un atto notarile del 24 aprile 1585, stipulato per conto di Cesare d'Aquino, conte di Martirano. Oggetto dell'atto è il conferimento di alcuni lavori di muratura e di manufatti nel castello di "detto Signor Conte". Nel documento si fa riferimento a Castiglione per il trasporto delle pietre e per il luogo di stipula. Si citano alcune "carcare". Si richiamano territori sotto l'influenza di Martirano come San Mazzeo e Motta Santa Lucia, in cui il "mastro" aveva diritto di far legname.
E proprio dal notaio di Motta, Sallustio Perri, fu redatto lo strumento originario, in cui i lavori venivano commissionati a Martino Ortale. Nell'atto in questione, invece, tali opere vengono affidate a Giovanni Gallo di Paterno, residente a Castiglione. Nel rogito, prosegue Cario, si parla di lati del castello che guardano a Santa Maria e a Sant'Angelo: due semplici riferimenti territoriali, luoghi, vie, ma non certamente villaggi o paesi.
Stella polare degli storici sono le fonti documentali: dai Registri della Cancelleria Angioina fino ai rogiti notarili del XVI secolo non v'è traccia di Falerna né di toponimi ad essa riconducibili. Neppure nella Platea generale della diocesi di Tropea del 1494 e nella relazione ad limina del vescovo Calvi del 1596. Barrio, nel 1571 autore della prima storia della Calabria, e Marafioti nelle Croniche del 1596 confermano l'inesistenza di Falerna.
Falerna, accompagnata dall'attributo di "casale" (agglomerato di case rurali) fino a tutto il XVIII secolo, è attestata, per la prima volta, osserva Cario, in un atto religioso della prima metà del Seicento, che ne rivela la nascita e la ridotta consistenza. Il presunto Sant'Angelo falernese non risulta in atti di natura religiosa, amministrativa e fiscale né anteriori né successivi al 1585. Nessun riferimento al toponimo nemmeno nei Catasti onciari, interamente acquistati con contributo del comune di Falerna e disponibili on line.
Esiste, invece, una località denominata Sant'Angelo in territorio di Scigliano, censita nei Registri angioini del 1276, che è collocata nella valle prospiciente al castello martiranese, dove sorge il ponte romano di Annibale. Ne esiste un'altra nel comune di Gerocarne, con un'antica storia di autonomia. Ingannevole, conclude Cario, è l'accostamento del Sant'Angelo in questione con la terra di Sant'Angelo, luogo religioso storicamente esistito nei pressi di Tropea, oggi in territorio di Drapia.
Cario afferma: «Folino Gallo, nella sua monografia attribuisce a Falerna proprio i brevi vaticani, relativi a Sant'Angelo di Tropea. Peccato che si trovi a 90 km da Falerna!». Insomma si tratterebbe di un abbaglio che, sottolinea Cario, «potrebbe produrre un danno culturale soprattutto in chi non ha gli opportuni strumenti critici per valutare, a meno che non intervenga una decisa smentita»."
(tratto da La Gazzetta del Sud - ediz. di Catanzaro del 31 dicembre 2012, pag. 33)
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